Mozambico, il ruolo di Eni e Total nella guerra di Cabo Delgado

Parlano due attivisti mozambicani che hanno partecipato al 'lobby tour' europeo per sensibilizzare i governi

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«La presenza delle multinazionali del gas e del petrolio in Mozambico è stata ed è un grande amplificatore della guerra di Cabo Delgado».

Non è del tutto esatto affermare che il business dei combustibili fossili – Total ed Eni in prima linea – è «l’unica causa» all’origine del conflitto nato nel 2017, con la comparsa dei gruppi armati.

Ma di certo l’estrazione di combustibili fossili in una regione molto povera «lo ha esacerbato».

Destabilizzazione, militarizzazione e approccio predatorio alle risorse hanno fatto esplodere la regione.

Che oggi è nel bel mezzo di una crisi umanitaria senza precedenti.

A confermarlo è Daniel Ribeiro, attivista di Justiça Ambiental/Friends of the Earth Mozambique, giunto in Europa da Nampula, la scorsa settimana, assieme ad Antonio Muagerene di Caritas Mozambique, per un ‘lobby tour’ europeo. 

Nella conferenza stampa organizzata da Focsiv e Movimento Laudato Sì a Roma, Ribeiro ha detto: questa accelerazione del conflitto «non è qualcosa che le multinazionali del gas & oil hanno fatto intenzionalmente, ma è comunque una realtà, un dato di fatto».

A Cabo Delgado il numero di sfollati interni supera oggi le 800mila persone e i morti sono oramai oltre 5000, stando ai dati di ottobre scorso. 

«La povertà e le difficoltà di questi anni hanno alimentato un malcontento sociale», ha spiegato Ribeiro, andando ad allargare le fila dei giovani reclutati dai gruppi jihadisti.

Il nesso tra gruppi armati, multinazionali, violenza, povertà e petrolio ha reso instabile la regione e alimentato una crisi umanitaria senza precedenti.

La presenza costante e invasiva della Total francese e della nostra Eni che investono in gas e sono impegnate nelle acque profonde dell’oceano indiano e nella penisola di Afungi, è un fattore ‘driver’ del conflitto.

Disinvestire dai combustibili fossili e ritirarsi da Cabo Delgado, secondo gli attivisti e secondo la Focsiv, resta l’unica strada percorribile.

Inoltre, i proventi del petrolio e del gas per il governo del Mozambico e soprattutto per il suo popolo, sono quasi irrilevanti:

«l’intero ciclo di vita del progetto genererà in Mozambico 18,4 miliardi di dollari che il Paese inizierà a ricevere solo a partire dal 2040 – ha precisato l’attivista Ribeiro-  Quindi se consideriamo l’inflazione si scenderà a 4 miliardi di dollari».

Ma considerati i danni climatici e le somme necessarie a farvi fronte,

«se nel 2040 avremo un anno climatico negativo come quello del 2019, il 75% delle entrate dai proventi dei combustibili fossili saranno utilizzate per fronteggiare i danni climatici», ha spiegato ancora Daniel.

Suor Maria del Amor Mas Puche, con gli aiuti agli sfollati di Balama.

Il Mozambico è «uno dei paesi più colpiti dal climate change: su 10 bacini fluviali dell’Africa australe, nove attraversano il Mozambico.

Qualsiasi cosa accada a livello regionale si hanno ripercussioni in questo Paese». 

Il tour europeo dei due attivisti è servito senza dubbio a sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici, sia a Bruxelles, che in Olanda, in Francia e in Italia, ha precisato Andrea Stocchiero responsabile della policy di Focsiv.

Ma «molti interlocutori ci hanno fatto notare che Total è più grande e più forte dello Stato francese, così come Eni lo è dello Stato italiano», ha precisato anche Antonio Muagerene.

«Abbiamo ricevuto risposte tangibili dai diversi attori ma non da tutti. Ma come dare maggiore visibilità alla crisi?

Il Mozambico non è necessariamente sull’agenda dei vari stakeholder in Europa», ha spiegato.

«Uno dei fattori positivi della risposta della Chiesa in Italia  è che essa è molto più informata rispetto a tutti gli altri attori: i governi europei si affidano alle informazioni che arrivano dalle società petrolifere stesse – ha detto Ribeiro – 

Mentre la Chiesa possiede parrocchie e missioni in Mozambico, e riceve molte informazioni dal basso ed è molto consapevole della questione legata ai diritti umani». 

(La foto di apertura è proprietà Missio, Camille LAFFONT / AFP)