Ucraina: ora si punta al negoziato, “ma quale pace accetterà Kiev?”

La voce di un missionario salesiano da Kiev e di una suora da Odessa, dopo le parole di Mario Draghi al Senato.

Facebooktwitterlinkedinmail

«E’ essenziale mantenere canali di dialogo aperti con la Federazione russa», perchè è solo da questi «che potrà emergere una soluzione negoziale» al conflitto in corso, giunto oramai al suo 85esimo giorno.

Ma «dovrà essere l’Ucraina e nessun altro a decidere che pace accettare».

Ad affermarlo, manifestando un’inversione di rotta rispetto alle precedenti dichiarazioni di marzo alla Camera, è oggi il premier Mario Draghi durante l’audizione in Senato, parlando di un possibile epilogo del conflitto in Ucraina.

«La speranza da parte dell’esercito russo di conquistare vaste aree del Paese in tempi brevi si è scontrata con la convinta resistenza da parte del popolo ucraino», dice il premier.

E in questo nuovo scenario «l’Italia si muoverà a livello bilaterale e assieme ai partner europei e agli alleati per una mediazione».

Ma Kiev sarà davvero pronta da qui a poco per sedersi al tavolo negoziale con Mosca?

Lo abbiamo chiesto al missionario salesiano don Max Ryabukha, che da Kiev ci ha risposto così:

«la guerra per i russi ‘filosoficamente’ è già persa. Ma che succederà quando la perderanno anche fisicamente?

Il mio sentore, anche confrontandomi con la gente, è che i negoziati adesso non interessino qui da noi, in Ucraina.

Il popolo ucraino, prosegue ancora don Max, «non vuole lasciare alla Russia neanche un centimetro di terra propria ad est, dopo che città intere sono state rase al suolo.

Il 90% di Mariupol è ridotta come la Polonia nella seconda guerra mondiale».

Suor Teresa Matyja, salesiana di Maria Ausiliatrice, originaria della Polonia ci dice:

«il governo ucraino è pronto per negoziare ma chiede che i russi escano completamente dal Paese.

«L’Ucraina ha sofferto e soffre troppo -aggiunge – la mia missione è rimanere qui, anche perchè quando la guerra sarà finita per la ricostruzione ci vorrà ancora di più l’aiuto di tutti».

Oggi al Senato il premier Draghi ha confermato che la Russia non ha ottenuto i risultati che sperava e che «si è ritirata da ampie porzioni del territorio ucraino per concentrare le sue forze nell’area orientale del Paese, anche qui l’avanzata russa procede molto più lentamente del previsto».

Spingere per una mediazione, per l’apertura del negoziato e del dialogo tra le parti in conflitto (pur dando per assodato che la Russia sia l’aggressore) è sempre stata la via seguita da Papa Francesco fin dall’inizio dell’invasione. Ma la voce del Pontefice è rimasta a lungo inascoltata e solitaria.

In una intervista rilasciata ad Avvenire oggi il Presidente della Cei, Gualtiero Bassetti ribadisce: «adesso è tempo di una “crociata di pace” che parta dalla Chiesa e coinvolga l’intera società».

Nell’informativa alle Camera del primo marzo scorso Draghi aveva detto: «l’Italia ha risposto all’appello del presidente Zelensky che ha chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa».

Il punto ora è capire che pace sarebbe disposto ad accettare il governo ucraino, giunto all’85esimo di un conflitto devastante, dopo aver ricevuto il sostegno armato di mezza Europa.

Draghi afferma oggi che «una pace che non fosse accettabile (per Kiev ndr.) non sarebbe neanche sostenibile».