Africa: tubercolosi, Hiv e malaria, tre demoni in ritirata ma non sconfitti

Alla vigilia della Giornata mondiale contro la tubercolosi andiamo nella regione australe, tra Tanzania e Zambia.

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In Tanzania è stato confermato il primo focolaio di morbo di Marburg comparso per la prima volta nel Paese (con 5 morti accertati in queste ore); mentre il virus era stato già segnalato in Guinea equatoriale il mese scorso.

Nello Zambia, nonostante i progressi fatti in ambito sanitario, l’Hiv, la malaria e la tubercolosi restano il flagello dei poveri.

Alla vigilia della giornata mondiale contro la Tubercolosi, che cade domani 24 marzo, un primo bilancio della presenza delle malattie neglette in Africa Subsahariana, segnala che c’è ancora molta strada da fare. Sebbene la TBC sia in regressione in sette Paesi africani.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Global Fund (il fondo sanitario globale creato nel 2002 per sconfiggere malaria, TBC e Hiv) combattono da 20 anni questi “tre demoni africani”, con buoni risultati.

Però per arrivare a sconfiggerle del tutto il tempo non basta. E i fondi neanche, sebbene il Global Fund abbia già salvato 50 milioni di persone alla fine del 2021 e stanziato oltre 55 miliardi di dollari in 20 anni. (qui i dati) 

«La regione africana (tutto il Sud e l’Africa australe del continente nero ndr.) è sul punto di raggiungere il traguardo del 35% di riduzione della mortalità per tubercolosi – ha affermato oggi Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’OMS per l’Africa – Sette Paesi tra cui Kenya, Mozambico, Togo e Zambia – hanno ottenuto un 35% di riduzione della mortalità per TBC dal 2015 ad oggi».

Hiv, tubercolosi e malaria sono malattie legate inesorabilmente all’indigenza, alla scarsità d’acqua e igiene; alla mancanza di vaccini e alla mancata diagnosi precoce.

«Qui nelle periferie di Lusaka, in Zambia, si muore ancora di Aids anche se i malati prendono i medicinali antiretrovirali- ci racconta suor Paola Glira, comboniana da Lusaka – Il virus però è ancora presente e molti lo trasmettono. E’ una malattia che non è stata del tutto sconfitta». A distanza di anni, anzi, ha lasciato il segno.

Suor Paola racconta che centinaia di bambini sono rimasti orfani perchè i genitori sono morti di Aids: «le nonne vivono spesso sole con i nipoti, sono rimaste con i bambini e vanno tutto il giorno in giro negli slum per vendere qualche verdura o prodotto della terra.

I bambini rimangono a casa da soli. Allora li ospitiamo da noi nel nostro centro sociale a Lusaka».

Le comboniane hanno avviato un progetto per distribuire alle nonne e alle mamme sole qualcosa per integrare i pasti: «si tratta di una spesa di base, come zucchero, farina e olio ma è già molto», dice.

C’è poi il ‘programma Moringa’ ci racconta la suora: «abbiamo piantato la moringa: un integratore alimentare che grazie alla polvere che se ne ricava (con proprietà antibatteriche), tiene sotto controllo gli squilibri intestinali e i funghi».

Attorno alla capitale Lusaka «c’è una cintura di periferia dove la gente vive senza acqua, senza fognature, senza piano regolatore: ci sono problemi di ingiustizia, di droga e di abuso sessuale», dice.

E tutto questo è un esplosivo micidiale che favorisce ambienti dove i tre ‘demoni’ dell’Africa prosperano, compreso l’Hiv.

Per sconfiggere la malattia residuale bisogna continuare a ridurre la povertà, investire in sanità e adottare politiche di decentramento.

Come ripetono i nostri missionari, «la vita umana deve contare di più e venire prima di tutto il resto».