Sudan: le proteste continuano, il popolo rifiuta il ‘power sharing’

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Altre manifestazioni di piazza sono attese per domani 25 novembre a Khartoum.

La protesta di popolo prosegue in Sudan, e la società civile fa sapere di non avere alcuna fiducia nel nuovo accordo di ‘power sharing’ (ossia la suddivisione del potere tra militari e civili), e che anzi questa intesa è “illegittima”. Anche perchè negoziata in clandestinità e firmata da «un Consiglio militare golpista e un ex primo ministro» senza più poteri.

Così si legge in un comunicato stampa del Coordinamento dei comitati di resistenza, creato dopo il 25 ottobre, giorno del colpo di Stato militare che ha deposto con la forza il primo ministro Abdulla Hamdok.

«La manifestazione di domani sarà con molta probabilità decisiva per capire che piega prenderà questa impasse», spiega una nostra fonte che vive a Khartoum.

Il Coordinamento di sigle che si oppongono alla violenza dei militari fa sapere che «non ci saranno negoziazioni, nè partnership, nè contrattazioni». E che  useranno «metodi innovativi e pacifici».

Il clima che si respira nella capitale è di forte tensione e rabbia per una gestione surreale della crisi e l’uso della violenza da parte dei militari in questi 30 giorni di attesa e caos.

Dopo aver prelevato Hamdok da casa sua il 25 ottobre scorso, e averlo portato nella residenza del generale golpista Abdel Fattah al-Burhan, i militari hanno tentato in ogni modo di formare un nuovo governo con un diverso assetto tra le parti, e un rapporto di forza sbilanciato in favore dell’esercito.

Non ci sono riusciti, ma domenica scorsa hanno ottenuto il consenso (definito ‘pilotato’ dalla gente) da parte di Hamdok a formare un nuovo esecutivo. Dove lui sarà di nuovo primo ministro.

In quel frangente il premier, rimesso in sella, è stato anche liberato. Fino a quel momento infatti era agli arresti domiciliari.

I due leader hanno cosi firmato nel palazzo presidenziale un accordo in 14 punti.

Durante queste settimane di anarchia il popolo sudanese non è stato a guardare: è sceso ripetutamente in strada per protesta e ogni volta l’esercito ha sparato sulla folla.

Sarebbero almeno 40 le persone uccise dalle forze dell’ordine, come confermano fonti mediche.