“Strategia dell’apartheid”, in Africa come in Europa e in Israele

Il missionario Mauro Armanino trova un fil rouge che lega la tragedia di Crotone alla politica della Tunisia e di Israele

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«I migranti e rifugiati morti abbandonati e annegati sulle coste italiche non sono una semplice fatalità del destino».

Lo scrive un missionario storico della Società Missioni Africane, padre Mauro Armanino.

Il missionario si chiede, all’interno di questo lungo testo giunto in redazione:

«Com’è stato possibile, nel cuore della civilizzazione occidentale, ampiamente marcata da due mila anni di antropologia umanistica, condannare a morte persone innocenti come bambini?».

Molto interessante è il fil rouge che Armanino individua tra la vicenda del naufragio di Crotone (e le  molte altre vicende legate alla questione migratoria), la politica tunisina verso i migranti dall’Africa Subsahariana e la strategia di Israele nei confronti dei palestinesi.

In tutti questi casi, secondo il missionario, possiamo parlare di apartheid. 

«In una non casuale quasi contemporanea vicenda, il presidente della vicina Tunisia, Kais Saied, è insorto contro le ‘orde’ di migranti dell’Africa sub-sahariana presenti nel Paese, accusandoli di essere strumenti nelle mani di chi vuole trasformare l’identità arabo-musulmana del Paese».

Scrive Armanino:

«Il nemico sarà sempre l’anello più debole della società, in questo caso i  migranti ‘informali’ di origine sub-sahariana».

Armanino parla di una vera e propria strategia dell’apartheid che si avvale di tre strumenti o strade:

«Isolare, selezionare, catalogare, mettere da parte.

La seconda è quella di ridurre, limitare, controllare la mobilità delle persone (denaro e mercanzie viaggiano invece liberamente).

E, infine, la terza opzione, applicata quotidianamente sui migranti e le categorie poveri in generale, è la repressione militare che tortura, picchia e uccide.

Sono questi gli elementi del mondo nuovo che permettono all’apartheid globale di funzionare».