Somalia: futuro esplosivo, ma nessun “rischio afganizzazione”

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«Sicuramente la Somalia non ha perso rilevanza per gli americani e in generale per la comunità internazionale tutta; la stessa Amisom (Missione dell’Unione Africana), in scadenza, verrà prolungata con un nuovo mandato»

«C’è una filiera dell’“economia della sicurezza” in Somalia che alimenta una voce talmente importante nel bilancio distorto del Paese» da non poter essere accantonata.  E’ la voce di bilancio che riguarda l’indotto bellico. 

Il Paese si regge sul mantenimento di un pericoloso status quo fatto di «precari equilibri, funzionali ai molti centri di potere».

A parlare del futuro del “gattopardo” del Corno d’Africa, praticamente in balìa del gruppo armato Al Shabab, è Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, specializzato sui temi della politica, sicurezza ed economia in Africa e Medio Oriente.

Tuttavia il rischio che Al Shabab (letteralmente “I Ragazzi”) possa trasformarsi da Stato parallelo a potere politico, secondo Pedde è piuttosto improbabile. Nonostante da mesi gli analisti parlino con insistenza di rischio “afganizzazione”.

«Il profilo ideologico dei militanti di Al Shabab – spiega il docente – è molto basso come dappertutto in Africa. Dove trovano uno stipendio i futuri militanti vanno: gli affiliati non sono jihadisti di convinzione. La gran parte di essi è composta da disperati che vi aderiscono solo e solamente per soldi».

D’altra parte gli interessi internazionali in Somalia «sono fin troppo preminenti» per lasciare che essa venga fagocitata dal terrorismo di matrice jihadista. Questo però non garantisce la sicurezza ai civili. Tutt’altro.

  «Il pericolo reale in Somalia è semmai il mantenimento di questo incerto destino fatto di insicurezza, povertà, e militarizzazione», che distrugge ogni sogno di ricostruzione.

(L’intervista integrale a Nicola Pedde, con un approfondimento di tre pagine dedicato alla Somalia è in uscita sul prossimo numero di marzo di Popoli e Missione).