Russia, il gesuita Lipcke: Paese in balia di “violenza, povertà e mancanza di libertà”.

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La piazza russa è in fibrillazione. L’attivista Aleksej Navalny, maggior oppositore di Putin, è stato condannato a tre anni e sei mesi di prigione, ne sconterà due e mezzo (questa la sentenza del tribunale distrettuale Simonovsky di Mosca): ma il verdetto è considerato un oltraggio ai diritti umani dall’opinione pubblica e dagli attivisti russi che sostengono le ragioni di Navalny.

L’Alto rappresentante dell’Unione europea Josep Borrell ha ricordato che la sentenza infrange “gli impegni internazionali della Russia sullo stato di diritto e le libertà fondamentali” e va “contro il verdetto della Corte europea che ha giudicato questo caso arbitrario e irragionevole”.

L’agenzia stampa Sir ha intervistato il gesuita Stephan Lipke, direttore dell’Istituto San Tommaso di Mosca, per analizzare più da vicino i fatti. Di seguito uno stralcio da questa intervista, a firma di Sarah Numico.

Cliccando qui è possibile leggere l’articolo integrale.

I numeri sui partecipanti alle manifestazioni (e sugli arresti) di domenica 23 e 31 gennaio sono contrastanti, ma molto consistenti. Che aria tira a Mosca?

La cosa più straordinaria è che le manifestazioni sono state in tutte le province del Paese e questo è eccezionale perché di solito si mobilitano i cittadini di Mosca e San Pietroburgo, e se avviene nelle province è per un motivo specifico, locale. Ci sono stati anche tanti arresti, è vero, oltre cinquemila. È ovvio che la gente è molto divisa e lo sono anche i fedeli della Chiesa cattolica, lo posso dire con sicurezza, ma anche nella Chiesa ortodossa.

È in gioco solo la questione Navanly o c’è altro?
Formalmente solo Navanly, anche se c’è un altro slogan che le piazze hanno gridato, e cioè “libertà ai prigionieri politici”, che sono le persone vicine a Navalny, ma anche casi del passato, e che la gente vuole siano liberati. Per il momento non ci sono slogan direttamente politici, tranne uno che ho letto: “Putin vada in pensione”.

Lei che cosa ne pensa?
È ovvio che è una situazione di violenza da parte del governo e della polizia sia in questi giorni, sia nel passato, con limitazioni sempre più crudeli delle libertà delle persone. Anche la libertà della religione viene limitata molto fortemente. Per il momento noi cattolici non siamo vittime, ma conosciamo la vicenda crudele dei testimoni di Geova che sono in prigione. Durante i primi anni di Putin, la polizia era obbligata ad agire secondo regole che proteggevano la gente. Questo sta diminuendo e gli atti da parte della polizia diventano crudeli e meno comprensibili. C’è razzismo tra i poliziotti: se uno ha la pelle un po’ più scura viene controllato e fermato per ore; ci sono i casi delle donne delle filippine violentate dai poliziotti negli uffici o nei boschi. E tutto questo soprattutto qui a Mosca diventa sempre più evidente perché l’obiettivo è che la polizia abbia dei privilegi, perché così li difenderà e quindi difenderà il sistema che li permette.

Sta veramente nascendo un’opposizione che riesca a essere tale, segnando una novità nel dibattito politico?
Sarebbe già stato possibile tante volte se ci fosse stata una televisione libera, perché per la maggioranza della popolazione ancora adesso internet non è una fonte importante di informazione. Ma la televisione è diventata molto più unilaterale: negli anni di Putin sono stati cambiati i direttori di tanti canali e quindi è difficile che il discorso dell’opposizione arrivi alla gente. Per il momento la posizione dell’opposizione è ancora acerba: è chiaro ciò che non vogliono, ma faticano a formulare ciò che vogliono. È anche conseguenza del fatto che così marginalizzata, fatica a costruirsi come identità politica.