Quaresima in Sud Sudan, padre Carlassare: “Chiesa vera, reale e concreta”

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«Siamo tutti nati per rendere manifesta la bellezza di Dio che è dentro ciascuno di noi. E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente offriamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.
Questa è la nostra speranza: una fede che trasforma e permette alla vita di sgorgare laddove sembrava esserci solo morte.
Quando siamo liberati dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri».
Queste parole vengono da Rumbek, in Sud Sudan e a scriverle è padre Christian Carlassare, vescovo della diocesi e missionario comboniano. 
Padre Christian parla della Quaresima e di Gesù che sa «trasformare la via della croce in un cammino di incontro con l’altro e di servizio, per uscire dalle tenebre verso la luce.
Perché dovremmo mai temere la luce? E temere di diventare espressione di quella luce?».
Come già era avvenuto durante la visita di Papa Francesco in Sud Sudan, anche quest’anno, ad inizio 2024 padre Carlassare ha proposto un lungo pellegrinaggio con 84 giovani che si sono messi in cammino nel Paese.
«Nella fatica del cammino – dice – ho ricordato quanto detto da Albert Einstein: c’è una forza motrice più forte del vapore, più forte dell’elettricità, più forte dell’energia atomica.
Si chiama volontà.
Davvero la buona volontà fa fare chilometri; e la buona compagnia ce li fa fare in allegria».
Lungo il cammino, una donna è uscita di casa con i propri figlioletti e al nostro passaggio li ha fatti inginocchiare accanto a sé a bordo strada.
Io ero l’ultimo del lungo corteo e le ho chiesto perché stesse facendo questo.
“Ho talmente tanti problemi in casa” ha detto, “forse questi giovani di buona volontà sono portatori di una benedizione per me e la mia famiglia”.
Abbiamo sempre avuto tanti giovani nelle nostre parrocchie; e tanti studenti nelle nostre scuole diocesane.
Ma cosa dire quando si parla di matrimonio, dove l’unico riferimento è quello di un matrimonio tradizionale visto come patto sociale tra famiglie fatto di diritti e doveri, di rispetto e sostegno reciproco nel mettere al mondo i figli?
La fede viene subito chiamata in causa nelle scelte della vita familiare. Non a caso Gesù aveva detto: Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa (Mt 10, 34-36).
Non mancano giovani donne che ci vengono a dire: Da ragazza mi è stato presentato questo uomo. Io l’ho accettato, non avevo altra scelta. Gli ho dato dei figli.
Ma per lui non conto più di tanto. Ha altri figli da altre mogli.
E io ormai sento che tra me e lui non c’è nulla da spartire.
I giovani chiedono relazioni più vere, più oneste, più coraggiose: un altro tipo di essere famiglia.
Padre John Malou ha anche inaugurato un centro di ascolto, per metterci noi prima di tutto in ascolto della famiglia, delle persone più fragili, di chi non vuole rimanere vittima di una società dove l’individuo non conta.
Credo che a partire da questo ascolto la Chiesa qui a Rumbek potrà uscire dal tempio e trovarsi ad essere samaritana: vera, reale, concreta.
La verità nel dare un nome ai nostri fallimenti e muovere passi di conversione.
Poi, la realtà di chi siamo, di dove viviamo, del processo storico in atto e della graduale maturazione di cui la comunità ha bisogno.
Infine, la concretezza di scelte personali e comunitarie che siano espressione di partecipazione e cura gli uni degli altri».