Nigeria: si riaccendono i riflettori sulle sei suore rapite

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«Mi unisco di cuore all’appello dei Vescovi della Nigeria per la liberazione delle sei Suore del Cuore Eucaristico di Cristo, rapite circa un mese fa dal loro convento a Iguoriakhi. Prego con insistenza per loro e per tutte le altre persone che si trovano in questa dolorosa condizione: possano, in occasione del Natale, ritornare finalmente alle loro case».

L’appello viene da Papa Francesco che ieri mattina, durante l’Angelus, ha riacceso i riflettori sulla  storia caduta nel dimenticatoio, delle sei sorelle rapite in Nigeria il 13 novembre scorso.

Come sempre sono le parole pronunciate dal Santo Padre a far prendere coscienza dei drammi lontani che sono però parte integrante della Chiesa universale.

Tre delle sorelle rapite – Veronica, Frances e Roselyn – avevano già preso i voti da tempo, le altre tre – Vivian, Mariam e Anna – erano novizie. Tutte le suore di questa congregazione sono africane.

 Il Southern City News – giornale online nigeriano – riporta che i rapitori avrebbero assaltato la comunità religiosa di Iguoriakhi, nell’area del governatorato locale di Ovia a sudovest della Nigeria, alle 11 del mattino del 13 novembre, portando via con sé le sei donne.

Una fonte vicina al convento racconta al giornale che le suore «vivevano nella comunità e svolgevano le loro mansioni in missione come insegnanti nelle scuole e con attività pastorali. Ringraziamo Dio se sono ancora vive. Stiamo pregando e facendo appelli affinchè siano liberate».

La madre superiora, suor Agatha Osarekhoe, che ha dato conferma per prima del rapimento, ha dichiarato che la comunità di religiose, ha già fornito tutti i dettagli possibili anche su un eventuale riscatto chiesto per la loro liberazione.

 «Non sappiamo nelle mani di chi siano – ha detto padre David Ogun – ma preghiamo per loro. Preghiamo per tutti quelli che sono coinvolti nella loro liberazione».  

Anche la storia della nascita di questa recente Congregazione è significativa: fondata nel bel mezzo della guerra civile nigeriana come «segno d’amore, unità e perdono», si legge sul sito stesso del Cuore Eucaristico – la sua intenzione è quella di mostrare che è possibile per la popolazione, in Nigeria, provenire da tribù differenti e «vivere armoniosamente insieme».

Nessuna ipotesi è stata fatta sul perché le sei donne siano state portate via dal loro convento, ma sappiamo che le suore del Cuore eucaristico di Gesù, come suor Fidelia Alao, fanno parte di una rete globale di religiose che tra l’altro si batte contro il traffico delle donne e la loro riduzione in schiavitù.

Il gruppo è l’African Faith and Justice Network Nigeria, che mette assieme suore di differenti congregazioni in diverse zone della Nigeria.

Di recente hanno compiuto un viaggio di 5 giorni per una missione di testimonianza e sensibilizzazione contro la violenza ai danni di donne e bambini.

Di questo meeting importante abbiamo la relazione di suor Eucharia Madueke, delle suore di Notre Dame di Namur. Che racconta come agisce il network:

«siamo determinate a porre fine a questi crimini. Dopo aver fatto un training sulle campagne di sensibilizzazione, abbiamo deciso di lanciare una campagna pubblica di consapevolezza, in due comunità rurali».   

Il Papa, ieri, ha ricordato le tre suore forse non a caso proprio nel giorno in cui il suo Angelus si concentrava sulla “domenica della gioia”.

«San Paolo ci invita a preparare la venuta del Signore assumendo tre atteggiamenti. Sentite bene: tre atteggiamenti – ha scandito Francesco – Primo, la gioia costante; secondo, la preghiera perseverante; terzo, il continuo rendimento di grazie. Gioia costante, preghiera perseverante e continuo rendimento di grazie».

Il Papa ha detto: «Le angosce, le difficoltà e le sofferenze attraversano la vita di ciascuno, tutti noi le conosciamo; e tante volte la realtà che ci circonda sembra essere inospitale e arida, simile al deserto nel quale risuonava la voce di Giovanni Battista, come ricorda il Vangelo di oggi (cfr Gv 1,23).

Ma proprio le parole del Battista rivelano che la nostra gioia poggia su una certezza, che questo deserto è abitato: «In mezzo a voi – dice – sta uno che voi non conoscete».

E’ questo il messaggio di speranza anche per la Nigeria: perfino nel dolore, possiamo fare appello alla preghiera e alla fede.