Natale nel mondo, dalla Thailandia all’Etiopia alle isole Salomone

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Non per tutti i cristiani nel mondo, il Natale è associato a luci, doni da scartare, pranzi o cenoni, babbi natale, alberi addobbati, presepi, neve… Ecco una carrellata di Natali diversi.

 In Thailandia il Natale è sconosciuto

«I thailandesi sanno del Natale tanto quanto noi sappiamo del Visakha Puja day, ossia della solennità del compleanno del Budda.

Non ci dobbiamo meravigliare, quindi, se la gente thai pensa che il Natale sia la festa del compleanno di Babbo Natale: vedono pubblicità, film, centri commerciali, negozi, decorazioni che parlano solo di renne, regali, babbi natale e neve.

Tutto fa ridere se pensiamo che a dicembre, che è stagione invernale, la temperatura in alcune zone si aggira sui 30 gradi!».

Ad esprimersi così è don Attilio Di Battisti, sacerdote della diocesi di Padova che per 12 anni è stato in missione come fidei donum nella diocesi di Chiang Mai, in Thailandia.

Oggi ha 57 anni ed è rientrato in Italia.

«I cattolici stessi – prosegue – faticano a smarcarsi dal pensiero generale. Anche nelle loro case primeggiamo gli addobbi luminosi, ci si veste da Babbo Natale, si attendono i regali.

È un grande lavoro dei missionari quello di spostare l’attenzione su Gesù. Ma è impegnativo se non esistono le statuine del presepio, non ci sono libri che parlano di Gesù, non ci sono tradizioni solide di canti, segni sul Natale del Signore.

Le parrocchie si sforzano di avere un presepe grande in chiesa, magari spedito dall’Italia, di fare qualche mega-cartellone pubblicitario da appendere sugli incroci o nelle scuole per ricordare che è la festa di Gesù».

Il fatto è che la Thailandia è un Paese di religione e tradizione buddista: i cattolici sono solo lo 0,5% della popolazione e sono dispersi soprattutto nei piccoli villaggi rurali e di montagna.

Il 25 dicembre non è nemmeno festa nel calendario thailandese e «si deve chiedere permesso ai presidi per permettere agli alunni cattolici di stare a casa per partecipare alle celebrazioni. Per fortuna acconsentono e non oppongono resistenza», spiega don Di Battisti.

Anche se non c’è il segno del presepio nelle famiglie, tra i cattolici thailandesi si è diffusa una tradizione: quella di appendere una stella luminosa, magari fatta di carta velina e bambù, alla porta della casa.

Nelle parrocchie si organizzano sfilate, più o meno solenni, con grandi stelle, a ricordo della cometa del presepio. In molti villaggi dove il sacerdote non arriva, i catechisti o le guide della preghiera eseguono con il gruppetto dei cattolici una liturgia natalizia con “l’alza-stella”.

«L’attesa dei regali, purtroppo, è associata al Natale perché proprio in quel periodo, vicini a Capodanno, anche le istituzioni pubbliche fanno dono di berretti, calze, biscotti.

Gli stessi cattolici – denuncia il missionario – sanno ormai che a Natale arrivano i benefattori, i politici, gli industriali, i volontari di organizzazioni e anche le istituzioni religiose a portare pacchetti a bambini o anziani. Ovviamente a nome del re, del deputato o del manager di turno: Gesù non c’entra nulla».

«Noi missionari – conclude don Di Battisti – abbiamo sempre cercato di far conoscere il significato del Natale: stampiamo piccoli libretti da distribuire nei mercati o nei punti di ritrovo della gente; inventiamo modi per mettere in evidenza la scena del Natale con la grotta di Betlemme.

Eppure i cattolici, anche senza molti strumenti, sono contenti che sia Natale e che il Bambino Gesù sia messo al centro. Fare il presepio fuori dalla chiesa e vicino alla strada richiama moltissime persone che, curiose, chiedono cosa significhi e restano incantate».

In Etiopia due Natali

Nella zona dove opera don Filippo Perin, missionario salesiano che vive a Lare, in Etiopia, si festeggiano due Natali. L’area, infatti, si trova proprio sul confine con il Sud Sudan.

Qui la maggioranza della gente festeggia il 25 dicembre, ma la Chiesa cattolica in Etiopia segue il calendario dei cristiani ortodossi, secondo il quale il Natale cade il 7 gennaio.

Indipendentemente dal giorno del calendario, questa festa è molto sentita da tutti. Dopo la solenne Messa della mattina, ecco all’aperto un pranzo natalizio per tutti con polenta e carne di mucca. Poi tornei con i vari gruppi giovanili.

Che atmosfera c’è a Natale? Risponde don Perin: «Qui non c’è la neve, nessuno l’ha mai vista: le temperature in questo periodo raggiungono i 40°C durante il giorno.

Qui non esiste Babbo Natale, nessuno sa chi è, né cosa fa, anche perché pochi hanno i soldi per fare regali. Non c’è neppure l’albero da addobbare: la poca legna che c’è viene usata per accendere il fuoco per preparare da mangiare; siamo nella savana e non c’è il gas o la corrente.

Il Comune non addobba le vie del villaggio con luci o decorazioni, perché non c’è né la corrente, né il Comune.

Non esiste nemmeno il presepe: qui non vendono le statuine e non c’è il muschio. L’unica cosa di cui siamo sicuri è la nascita del Bambino: ogni anno Gesù nasce qui da noi. E non solo a Natale: innumerevoli volte, nei tantissimi bambini che vengono alla luce. Basta saperlo riconoscere».

Natale d’estate alle Isole Salomone

In Oceania il Natale cade nella stagione estiva, quando iniziano le vacanze scolastiche. Questa festa qui significa “casa”: gli studenti tornano nei loro villaggi, visto che nelle Isole Salomone le scuole sono residenziali; e anche i luoghi di lavoro chiudono, e gli operai e gli impiegati rientrano nelle loro isole di origine.

Qui sono tutti cristiani e il Natale è soprattutto una festa religiosa. La veglia di mezzanotte di solito viene celebrata nel pomeriggio, sia per il buio pesto (l’illuminazione notturna è quasi inesistente), sia per la pericolosità nel rientrare a casa attraversando foreste o fiumi di notte.

Suor Anna Maria Gervasoni è una missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Vive da molti anni in questo arcipelago dell’Oceania e racconta: «Da noi le parrocchie sono molto estese e in quasi tutte c’è solo una chiesa che deve servire per un gran numero di villaggi.

Così, alla Vigilia di Natale, la gente prende il necessario per partire e campeggiare nella missione dove si trova la chiesa: le famiglie portano anche pentole, piatti, cibo per cucinare tutti insieme, in modo che chiunque abbia la propria porzione del pranzo di Natale.

Nel pomeriggio, poi, vengono organizzati giochi, recite natalizie, gare e tornei, perché il Natale è ritrovarsi insieme e rinforzare i legami di amicizia con persone che magari si incontrano solo una volta l’anno, ma di cui non si dimentica il nome e l’appartenenza alla stessa famiglia o parrocchia».