Myanmar, testimonianza: “ferita insanabile, si fugge per non morire”

"Che il Signore ci aiuti a sperare e ad attendere la Pasqua".

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Il Myanmar in questo momento è «un paese profondamente ferito; forse è una ferita che non si sana neanche tramite ‘dialoghi’ e convegni di pace. C’è un senso di scoraggiamento e di profonda delusione, come di chi ormai non ha nulla più da salvare, nemmeno la propria vita».

Inizia così la lettera di un missionario in Myanmar, Paese che in queste ore sta vivendo una delle più violente e tragiche repressioni della sua storia, ad opera dell’esercito che ha già ucciso oltre 100 persone, compresi i bambini.

Guardando al crocifisso nella settimana Santa, «ci ricorderemo dei tanti ‘poveri Cristi’ che
stanno aiutando Nostro Signore a portare la croce, che sono sulla croce con Lui. Che il Signore guardi giù e ci aiuti a sperare, ad attendere la Pasqua».

Il missionario ammette che mai nella vita avrebbe pensato di assistere ad una tale tragedia: «un clima che non avrei mai pensato di trovare nella mia vita. Ma evidentemente la vita ci sorprende sempre. Non sempre con belle sorprese».

C’è chi si contrappone alla violenza del colpo di Stato è chi è pronto a rischiare, dice padre Maggi, «non tanto per un partito, per un colore, ma piuttosto per un bene che appartiene a tutti: la
libertà».

«Il non essere schiavo di nessuno, il non dover subire angherie da parte di nessuno, il
non dover vivere nella paura in continuazione, il non dover essere sottomessi al padrone di
turno».

La sorte dei civili in queste ore è quella di fuggire per non soccombere: «quanti sono quelli che ormai per coerenza stanno scappando e nascondendosi pur di non tornare a lavorare sotto il nuovo sistema! Pagano in prima persona, pagano abbandonando tutto, pagano vivendo da esiliati, pagano con la famiglia, pur di non accettare compromessi. Gente che paga di persona la propria profonda onestà interiore».

L’attuale scenario di una guerra contro i civili appare come quella di «Davide contro Golia – scrive ancora il missionario – ossia chi non conta nulla contro chi pensa di poter tutto. Forse c’è anche un po’ di incoscienza e di ingenuità. Ma, anche queste, frutto ormai della disperazione che ha
invaso il cuore».

Il missionario prosegue: «vorrei descrivere di più, ma è meglio di no. Non so come saranno le prossime settimane».

(Foto: UNICEF/Patrick Brown)