America Latina: una teologia ecumenica contro i fondamentalismi

"La politica omofoba, sessista, xenofoba ed antiecologista in Brasile è sostenuta dalla 'bancada' evangelica".

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Se non fossero sufficienti i motivi storici, è la preoccupante realtà politica (e culturale) del contesto latinoamericano che rende quanto mai necessario promuovere e far maturare la riflessione e la pratica di una teologia pubblica ecumenica.

Prima che i gruppi fondamentalisti cristiani sequestrino l’intero spazio politico e condizionino pesantemente il discorso pubblico, la teologia ecumenica che voglia partecipare al dibattito civile e culturale è chiamata a farsi sentire. 

Volendo, anche solo a volo d’uccello, vedere i vari contesti nazionali latinoamericani, potremo segnalare quanto segue.

In Colombia, ad esempio, sono falliti gli accordi di pace, dopo il plebiscito del 2016, anche e soprattutto per l’intervento pubblico di gruppi evangelici fondamentalisti e di cattolici integralisti che vedevano negli accordi un cedimento verso il matrimonio civile, l’aborto e l’omossessualità.

Il pastore evangelico Fabricio Alvarado è diventato deputato al primo turno nelle ultime elezioni del 2018 in Costa Rica con un discorso sui “valori cristiani”, accusando, tra l’altro, la Corte Interamericana dei Diritti Umani di favorire il matrimonio tra le persone dello stesso sesso.

La politica dichiaratamente omofoba, sessista, xenofoba e antiecologica dell’attuale amministrazione brasiliana è sostenuta e promossa dalla “bancada” evangelica presente nel Parlamento brasiliano.

Senza questo appoggio Bolsonaro non avrebbe vita facile. In El Salvador, il clima è simile se è vero che una deputata del partito Conciliacion Nacional, ha presentato una mozione per la lettura obbligatoria della Bibbia nelle scuole.

E non per il valore del “grande codice”, ma per le affermazioni in campo morale contro le leggi “liberticide” che si possono ricavare dal testo biblico letto “sine glossa”.

In nome della stessa Bibbia e del simbolo del crocifisso, invece, in Bolivia si è tentato di giustificare il “golpe” nei confronti non tanto e solo del primo presidente indigeno della storia del paese, ma della politica indigenista da lui promossa.

Un tentativo, fallito, di confessionalizzare cristianamente la politica contro i riti “satanici” indigeni. Anche il Perù ha dovuto fare i conti con i gruppi conservatori, ecumenicamente rappresentati da cattolici, protestanti e forze politiche.

La rete denominata “Con mis hijos no te metas” intende combattere l’ideologia di genere (come la definiscono gli integralisti) perchè ritenuta una minaccia contro la famiglia tradizionale, favorevole all’aborto e all’omosessualità.

Perfino nel laico Uruguay un recente gruppo denominato Cabildo Abeirto (CA) ha ottenuto una significativa preferenza nelle elezioni generali del 2019. Si tratta di un gruppo della destra religiosa, relazionato con il franquismo e il falangismo spagnolo che si propone di difendere la famiglia e i valori morali.

In Ecuador, invece, l’ultradestra rivendica i valori cristiani, come la famiglia, la vita, ma anche il porto d’armi, la proprietà privata e perfino l’identità ispanica.

Si propone contro quella che definisce essere un “internazionalismo infantile” espresso dai gruppi dei diritti umani delle istituzioni mondiali come l’ONU.

Altri esempi attuali sono quelli offerti dalle cronache politiche del Guatemala, del Cile, perfino del Messico dove i gruppi di estrema destra, su base religiosa, sembrano guadagnare terreno politico e consenso elettorale…

La (relativa) novità di questa stagione latinoamericana è l’unione interessata della estrema destra con i gruppi fondamentalisti religiosi, capace di promuovere un’allenza cristiano-biblica-militare-neoliberale-patriarcale e neofascista.

Tornano così ad essere messe in discussione l’autonomia della politica e della cultura, la secolarizzazione della società e la relativa separazione tra lo Stato e la religione, le politiche ecologiche e l’opzione per gli oppressi…

Una teologia pubblica ecumenica, invece, intende favorire quello che questa alleanza di carattere fondamentalista vuole invece mettere in discussione.

La necessità della prima è ancora di più motivata dalla presenza, sempre più pressante, della seconda.

I diritti della terra, come quelli degli “scartati” e degli “impuri” (secondo la visione integralista sopra descritta), la difesa in fondo della democrazia sono temi e problemi della teologia pubblica ecumenica.

Essa intende contribuire ad un mondo “donde se quepan todos” (dove tutti abbiano posto).

(Articolo pubblicato sul numero di aprile del NotiCum a cura di Paolo Annechini).

  • Marco dal Corso è docente presso lo studio teologico San Bernardino di Venezia.