Malawi, dopo il colera anche il ciclone Freddy: “un popolo senza pace”

Parla un missionario comboniano che dallo Zambia segue l'emergenza delle alluvioni nel vicino Malawi.

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I morti salgono di ora e in ora nell’Africa australe colpita dal ciclone Freddy e hanno superato quota 400 ma ci sono ancora tanti dispersi sotto l’acqua e il fango delle regioni meridionali del Malawi.

Anche il Mozambico è stato colpito sebbene in misura minore.

«Il ciclone tropicale tanto temuto è arrivato e ha invaso tutto il sud del Malawi; per me è stato un brutto colpo, conosco molto bene questa popolazione già poverissima e inoltre nel Paese vivono i nostri confratelli comboniani».

Ci racconta padre Antonio Guarino, missionario comboniano in Zambia, chiaramente addolorato per questo ennesimo lutto.

Il punto è che non si tratta di un Paese qualsiasi: il Malawi si colloca al 172° posto su 188 Paesi per indice di Sviluppo Umano e la sua sopravvivenza è appesa a un filo.

«Stava già disperatamente combattendo contro il colera che aveva contagiato migliaia di persone, e adesso è arrivato anche il ciclone Freddy: in passato ce ne sono stati altri, ma mai devastanti come quest’ultimo», spiega ancora il missionario.

«Chiaramente nei prossimi mesi si prevede la fame – dice – anche perchè quello che poteva essere il raccolto della stagione è andato via assieme all’acqua».

La produzione e il raccolto di mais, riso e sorgo è altamente a rischio qui, dice: il ciclone non porta solo morte e distruzione ma lascia il segno a distanza di mesi.

Il missionario sospira nel raccontarci al telefono la drammatica calamità naturale che ha travolto in particolare le regioni di Blantyre, Chikwawa, Chiradzulu, Mulanje, Mwanza nel Paese dell’Africa australe.

I morti accertati sono oltre 300, ma continuano ad aumentare man a mano che i corpi dei dispersi vengono raccolti dalle acque.

La Conferenza episcopale del Malawi qualche giorno fa ha diffuso un comunicato in cui fa appello a «tutti coloro che si trovano nelle aree più colpite dalle alluvioni a spostarsi su terreni più sicuri e a seguire le indicazioni fornite dai nostri esperti meteorologi».

I vescovi inoltre chiedono «a tutti i cattolici e alle persone di buona volontà di sostenere le vittime di questo devastante ciclone e di donare nell’immediato tutto ciò che possono, sia in denaro che in altri beni» per far fronte all’emergenza.

Il comunicato è firmato da sette vescovi, tra i quali il presidente della Conferenza episcopale locale, George Desmond Tambala.

«Stanno scavando con i badili per cercare i corpi – racconta padre Antonio – la Chiesa locale si è subito messa in movimento e stanziato una prima somma di denaro: è stata la prima a muoversi ma certo non basterà», dice.

Il comboniano ci invia foto e filmati che arrivano dai confratelli: in uno dei video girati dai testimoni locali si vede una casa crollare letteralmente “disciolta” come fosse di carta, incalzata dal fiume di acqua e fango che scorre.

«Noi non siamo molto lontani dalla zona colpita, però per fortuna il ciclone non è arrivato fin lì: ma i nostri confratelli che sono nativi proprio di quelle zone dicono che le case dei loro famigliari sono andate giù con l’acqua».

La corrispondente della tv panaraba Al Jazeera, Fahmida Miller, scrive che da Mulanje nei sobborghi di Blantyre, il distretto commerciale del Malawi, c’è tanta rabbia e sofferenza per il ritardo nei soccorsi: centinaia di persone restano disperse.

I locali si sono organizzati in gruppi di emergenza:

«Non ci sono squadre di soccorso – denunciano – non c’è alcun funzionario governativo arrivato qui per darci una mano», racconta David Phiri, un abitante locale ad Al jazeera.

«Ci sono solo persone normali come noi, semplici vittime che aiutano altre vittime», dice.

«E’ davvero questa la tristezza: un Paese così povero, tra gli ultimi in classifica delle Nazioni Unite per povertà, già provato dalla malattia, che deve sostenere una prova simile», commenta ancora padre Guarino.

L’epidemia di colera ha colpito più di 40mila persone in Africa negli ultimi mesi, come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità e oltre la metà di questi casi si sono verificati in Malawi, mentre il 15% in Mozambico.

Finita l’emergenza sanitaria la popolazione ne deve affrontare una nuova: e stavolta la fame e il bisogno dureranno molto a lungo.