L’ospedale di Tangeri, una storia missionaria lunga 90 anni

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Suor Clemente Passarello, 95 anni, è una figura mitica a Tangeri, dove sorge l’ospedale italiano fondato nel lontano 1929 dalle Francescane Missionarie d’Egitto, su iniziativa dell’egittologo Ernesto Schiaparelli.

Col suo efficiente reparto maternità e 40 posti letto, questo presidio per le donne e i loro bambini, è prezioso nel Marocco di re Mohammed VI, dove la sanità pubblica non sempre funziona e non dappertutto esiste.  Nel nord berbero, il Rif sempre più povero, ad esempio non ci sono ospedali pubblici.

Da 45 anni a Tangeri, suor Clemente si è sempre dedicata alla sala operatoria, e anche se da un anno a questa parte lavora un po’ di meno, data l’età, il suo giretto per le corsie lo fa ancora adesso. 

A parlarci di lei e delle altre consorelle, quattro egiziane e tre italiane, è suor Loretta  Baldelli, superiora provinciale: «in questi ultimi anni grazie ad aiuti generosi – ci racconta – la struttura è stata rinnovata, con due nuove camere operatorie, una nuova sezione per le partorienti e delle apparecchiature di radiologia, ecografia e chirurgia».

«Quando nasce un bambino, in Marocco, è il papà il primo a prenderlo in braccio – ci racconta anche suor Marsa Zaki Anis, 52 anni egiziana -: gli prende la  mano e gli sussurra all’orecchio una preghiera dal Corano. Ma qualche volta, soprattutto i papà più giovani si dimenticano di farlo e allora siamo noi suore a ricordarglielo! E’ una specie di rito per i musulmani».

Dopo il parto i bimbi sono affidati a suor Marsa: «alle volte ne nascono anche 20 o 22 al giorno, è una festa ma c’è molto da fare – racconta – . Il nostro pronto soccorso è sempre aperto e noi sorelle facciamo i turni».

l personale sanitario, cinquanta tra medici e infermieri, è rigorosamente marocchino. Nel regno del Marocco, a maggioranza musulmana, il proselitismo è vietato, ma le missionarie trovano ugualmente il modo per far passare messaggi evangelici: «attraverso le opere, divulghiamo il vangelo ma non possiamo parlarne apertamente», ci spiega Marsa.

D’altra parte le suore in Marocco sono molto amate «proprio per la cura e l’attenzione che dedicano all’altro e la religione passa attraverso questi gesti», ci conferma suor Loretta.

Il fatto d’essere egiziane agevola la comunicazione, inoltre le donne marocchine si fidano delle suore in generale, anche se trovano «molto strano che chi parla la loro lingua possa essere anche di religione cattolica», confessa Loretta. 

Per cinque giorni alla settimana qui a Tangeri è in funzione anche un dispensario, l’ambulatorio dove si visitano le donne più povere e i loro bambini; arrivano dai villaggi circostanti, ma anche da Tatouan e da Al-Hoceima.

Per loro il servizio è gratuito, tutti gli altri versano una cifra simbolica. Inoltre, ci spiega suor Loretta «quasi tutti i giorni in ospedale si fanno le circoncisioni ai bambini, come per gli ebrei».

Diversi anni fa lo facevano solo nelle moschee, «ma questo comportava un’alta mortalità infantile – spiega – E allora si è arrivati alla convinzione che è meglio portarli qui da noi».

Nella stessa missione ci sono anche suor Pierpaola Stefanello, 72 anni, che segue il dispensario ed è la direttrice, suor Angela Grimaudo, 85 anni, suor Teresina Kolta Anis, egiziana, di 35 anni, suor Irene Wisly, la superiora locale e infine suor Soher Mamduh, la juniores. 

La storia delle Missionarie d’Egitto è affascinante: la fondatrice, madre Caterina Troiani, educata al convento di S. Chiara della Carità a Ferentino, in provincia di Frosinone, prese i voti nel 1830. Dopo oltre vent’anni di convento la sua ansia missionaria la portò Al Cairo. «L’Egitto è la culla della nostra missione – racconta Loretta – madre Caterina partì da Civitavecchia per Il Cairo nel 1859, con altre cinque sorelle e fondò lì il nostro istituto».