La missione può cambiare la vita: tra mondialità, viaggi e periferie esistenziali

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(Questo articolo è stato pubblicato su Avvenire di domenica 19 marzo)

La missione può cambiare la vita ed invertire interi percorsi esistenziali; può incanalare le energie più giovani liberandole dagli ingranaggi di un sistema omologante.

A dirlo sono i ventenni stessi, quelli delle diocesi italiane, ieri a Roma per How to…, incontro annuale di Missio Giovani, braccio giovanile della Fondazione Missio.

«La missione a me ha salvato la vita», ha raccontato Marco Fazari, 29 anni, membro della nuova consulta di Missio Giovani, appena eletta.

«Se non fosse stato per la missione sarei diventato un ingranaggio di questo sistema dei consumi, mentre in Romania, in Tanzania e Perù ho trovato Dio riscoprendolo nelle vite degli altri».

Come lui Maria Teresa, 19 anni, animatrice del gruppo dei giovanissimi dei saveriani a Salerno, e Caterina, 28 anni di Firenze, che guida piccoli gruppi missionari in Brasile.

L’incontro della Fondazione Missio si è aperto con la catechesi di don Mario Diana, assistente nazionale del Movimento studenti dell’Azione Cattolica di Bari-Bitonto che ha riletto la ‘visitazione’ dal Vangelo di Luca.

«Maria ha appena ricevuto la notizia che le ha cambiato la vita: essere la madre di Dio. E cosa fa? ‘Si alzò e andò’, dice Luca.

Ossia, anziché sentirsi al centro del mondo, Maria capisce che lei stessa deve andare verso il mondo. Alzarsi ha il sapore della resurrezione per noi tutti».

Giovanni Rocca, Segretario nazionale di Missio Giovani ha aggiunto che «la condizione inizialmente sfavorita di Maria la vede però diventare una combattente, una figura rivoluzionaria che è d’ispirazione» per i ragazzi missionari di oggi, tutt’altro che passivi.

«Sono stanco di sentire che i giovani sono ‘gli sdraiati’, che sono ragazzi cresciuti coccolati e ovattati dalla generazione precedente – ha detto anche don Mario – Io non mi voglio rassegnare a questa idea: sono anzi sicuro che il motivo per cui ciascuno di voi si alza la mattina è il fatto di avere un grande sogno sintonizzato con i bisogni dei fratelli».

Tommaso Galizia, vicedirettore di Missio ha spiegato ai ragazzi: «per parlare di missione dobbiamo parlare di Chiesa ma che cos’è? Un popolo che Dio desidera convocare da tutti i confini della terra. E chi sono i missionari? Tutti noi, non c’è dubbio! Tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo».

Ha poi aggiunto che c’è «un destino eterno d’amore per ciascuno e ognuno dei battezzati ha il compito di essere un piccolo riflesso dell’amore di Dio».  

Sia Galizia sia don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, hanno puntato l’attenzione sull’universalità della missione e sull’unicità delle Pontificie Opere Missionarie.

«Ricordiamo che le Pontificie Opere sono le uniche che aiutano nell’ambito delle attività pastorali della Chiesa – ha detto don Giuseppe – finanziando quello che gli altri non finanziano. Ad esempio far studiare i seminaristi o costruire una cappella nei territori di missione».

Ha poi ricordato quanto sia stato «commovente trovarsi in una parrocchia di periferia a Bafatà durante la messa, con 100 cristiani su 120 battezzati nella penultima domenica di ottobre: pregano per tutti i missionari del mondo e fanno la loro offerta per la missione universale».

Eleonora Borgia di Missio Giovani ha elencato gli strumenti di animazione di Missio per gli under 30 e spiegato come ritrovarli nel sito web della Fondazione.

«Cosa possiamo fare quando ritorniamo a casa? Anche laddove non c’è un territorio fertile di missione si possono mettere in rete tutte le nostre iniziative: e allora sapete che forza? Che contagio potente può generarsi?».