Iraq: a due mesi dal viaggio del Papa si lavora per l’unità

Costruire l'uguaglianza tra cittadini e la libertà di religione a partire dal Diritto, esorta Francesco

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«Stiamo aspettando che il popolo iracheno trovi il coraggio di andare oltre i confini dell’appartenenza etnica e religiosa. Bisogna ritrovare l’unità».

A due mesi esatti dal viaggio apostolico di papa Francesco in Iraq (5-8 marzo scorso) padre Buols Thatbit, sacerdote a Karemles, parla di necessità di superare il settarismo.

Durante quell’evento storico «tutti gli iracheni volevano che il Papa parlasse anche ai politici per aprire una nuova pagina nella storia del Paese, perché l’Iraq si risanasse».

E in effetti Francesco ha aperto un varco parlando di fraternità e di rispetto dei diritti di cittadinanza.

«Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra», aveva detto il Papa.

L’idea che la fraternità sia superiore alla forza del fratricidio è in effetti potente, ma ancora di più lo è l’idea che garantire (per legge) il rispetto dei diritti di cittadinanza sia un antidoto ineccepibile alla violenza.

Il laicissimo diritto di ogni cittadino ad occupare fisicamente uno spazio, dentro una società allargata, multiconfessionale e non discriminatoria, è un baluardo non ancora raggiunto in Medio Oriente.

Il papa durante il suo viaggio apostolico ha rafforzato questo concetto, già emerso esplicitamente durante il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente del 2010. È contenuto in uno dei passaggi più salienti di quel documento, in un appello ai governi e ai responsabili pubblici.

«Ci rivolgiamo a voi – scrivevano all’epoca i vescovi – a riguardo dell’importanza dell’uguaglianza tra i cittadini. I cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione».

Riconciliazione e rispetto

Parole chiave sono proprio libertà e rispetto: ciò che si richiede ai governanti in Iraq, oggi, di garantire ai propri cittadini per una ricostruzione non solo fisica ma morale e civica del Paese.

«Quello del diritto di cittadinanza è il messaggio più forte che rimane dopo il viaggio di papa Francesco e che indica una via da seguire almeno per tutto l’anno a venire», spiega Daniele Rocchi, giornalista del Sir che ha seguito questa storica visita apostolica nelle terre irachene devastate dal terrore.

«Il Papa nel primo discorso che ha tenuto alle autorità irachene ha indicato un percorso per costruire una società sana in Iraq», aveva commentato anche il gesuita padre Antonio Spadaro, durante un incontro organizzato dal Berkley Center for Religion, Peace, and World Affairs della Georgetown University.

Questo percorso è la via della cittadinanza.

La società irachena, per ricostituirsi in modo sano deve riallacciare i legami recisi con tutte le componenti del suo tessuto dilaniato.

Il peccato originale risiede nella strategia, guidata dagli Stati Uniti a partire dalla seconda Guerra del Golfo nel 2003, che ha portato alla morte di Saddam Hussein assassinato nel 2006.

Dopo Saddam un’intera fetta di società irachena, quella sunnita, venne ghettizzata e discriminata. Tanto da alimentare un risentimento forte, sfociato poi nell’adesione al progetto criminale dell’Isis che ha ucciso più di un Paese e attentato alla integrità delle coscienze.

Oggi, dopo 15 anni di guerra in Iraq, «la ricostruzione passa sicuramente attraverso la riconciliazione tra sunniti e sciti, ma anche da quella tra cristiani, tra cittadini di ogni fede e orientamento religioso ed etnico», spiega ancora Daniele Rocchi.

Dunque una pace che agevoli la convivenza fattiva tra abitanti della stessa terra. In quest’ottica la libertà religiosa va assicurata a tutte le minoranze, a partire da quelle cristiane perseguitate dall’Isis. Ma non solo a loro.

«E’ essenziale in questo senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali o religiosi, e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini», dice ancora padre Spadaro.

«Nessuno dovrebbe essere considerato un cittadino di seconda classe»: ecco la seconda chiave. Il papa lo ha ribadito con parole inequivocabili.

Non c’è posto per il privilegio oggi in Iraq; non dovrebbero esserci i privilegiati del regime (il vecchio regime di Saddam), né i privilegiati dell’anti-regime o quelli del nuovo Paese democratico, nato dalle ceneri del precedente. Il nuovo Iraq fa tabula rasa del passato e guarda oltre.

(foto utilizzata per Popoli e Missione cartaceo, crediti: Vincenzo Pinto / AFP)