Haiti: ucciso il presidente, Paese in balia di violenza e instabilità

La Chiesa cattolica denuncia da anni violenze, rapimenti e povertà: "non c'è più rispetto per la persona".

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Nello Stato caraibico di Haiti da diversi anni povertà, violenza e destabilizzazione sono all’ordine del giorno.

Le ultime notizie giunte stamani da Port-au-Prince però fanno pensare ad un a situazione davvero esplosiva e non più sotto controllo: il presidente Jovenel Moise, 53 anni, è stato barbaramente ucciso stanotte in casa sua da un “commando armato”.

L’agguato sconcerta anche per le modalità in cui è avvenuto, come spiegano gli analisti internazionali, poichè la residenza del presidente nel distretto di Petionville era altamente sorvegliata. Ma il gruppo armato ha agito praticamente indisturbato.

«Negli ultimi due anni c’è stato ad Haiti un incremento delle tensioni sociali, Moise stava governando in punta di decreti – ci spiega Paolo Manzo, giornalista esperto dell’area latinoamericana e Caraibi –  Aveva vinto le elezioni nel 2015, che erano state ripetute nel 2016 e il suo mandato doveva scadere già da un anno e mezzo».

La Conferenza episcopale di Haiti ha sempre parlato del clima altamente insicuro che si vive nell’isola e della grande incidenza di rapimenti.

La Chiesa ha continuato a chiedere il rilascio dei cinque sacerdoti, delle due religiose e dei loro parenti rapiti l’11 aprile a Croix-des-Bouquets. Rilascio che poi è avvenuto il 30 aprile e che ha lasciato molto sgomento.

«Abbiamo trovato i nostri confratelli, le suore e i membri della famiglia di padre Jean Anel Joseph, in buona salute», aveva annunciato l’istituto di Saint-Jacques ma senza chiarire se si fosse pagato un riscatto.

Maddalena Boschetti, missionaria genovese fidei donum da 18 anni nel Paese e anima della missione di Mare-Rouge nel nord-ovest di Haiti, aveva spiegato  a Vatican News qualche tempo fa:

«Si parla dei religiosi perché evidentemente rapire un religioso, un prete, è un segno forte di una mancanza di rispetto, ma ormai non c’è più rispetto. Quello che si è perso in questi anni è il rispetto della persona umana».

L’instabilità politica, la mancanza di un appoggio in Parlamento, un contesto generale altamente insicuro, fatto di gang armate, traffici e rapimenti, l’elevato livello di povertà, fanno di Haiti uno dei Paesi più sofferenti da ogni punto di vista.

A rimetterci è naturalmente la popolazione che vive ben al di sotto della soglia di povertà e in un contesto sociale deteriorato.

«L’ordine pubblico non è più garantito nell’isola, i rapimenti continui (oltre una decina tra religiosi e imprenditori) fanno capire che l’instabilità regna sovrana – aggiunge il giornalista – E’ il Paese più povero di America Latina e Caraibi e anche quello più in disordine».

Questo agguato al Presidente presenta molti elementi che farebbero pensare a qualcosa di non casuale e ben organizzato:

«Attorno all’una di notte tra martedì e mercoledì, un gruppo di individui non identificati, compresi alcuni che parlavano spagnolo, hanno attaccato la residenza privata del presidente», ha dichiarato in un comunicato il primo ministro Claude Joseph.

«Presto capiremo la matrice di questo agguato che potrebbe somigliare ad un colpo di Stato», dice Manzo.

(Foto wikipedia)