Don Felice Tenero dal Brasile, “parroco e missionario come non avrei mai immaginato”

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Don Felice Tenero, dopo l’esperienza di formatore al CUM è ritornato missionario in Brasile nella diocesi di Floresta. In questi mesi di emergenza pandemica è costretto a fare il parroco e il missionario con molte restrizioni, “in un modo che non avrei immaginato”, dice lui. Ma invita a godere il tempo del silenzio e della riflessione.

Don Felice, come sta vivendo questo tempo di coronavirus?

Per ora, sto bene. Sono relegato in casa, vivo da solo…qui tutti i preti vivono da soli, uno per parrocchia (siamo così pochi!). La gente ogni tanto mi porta un pasto, sono ben servito. Faccio la vita di domestico: pulisco, cucino, stiro, lavo e poi la vita di discepolo del Signore: prego, studio, leggo, riposo.

E la missione?

La missione è Sua! Lui, Gesù Cristo, mi ha inviato. Sono arrivato qui nella parrocchia di Jatobà, una cittadina di 15.000 abitanti situata all’interno del Nordest brasiliano, diocesi di Floresta, agli inizi di febbraio. Sono riuscito a visitare alcune delle 15 comunità presenti in questo territorio ma subito dopo è arrivato il coronavirus, un amico indesiderato che mi ha costretto ad essere parroco e missionario in un modo che non avrei mai immaginato.

Nei lunghi silenzi mi chiedo che senso ha l’essere qui, solo soletto fra le mura della casa parrocchiale, senza incontri e celebrazioni, senza eucaristie festose e gruppi vocianti di ragazzi. Comunico con i parrocchiani usando gli strumenti tecnici: video, whatsapp, streeming… offriamo momenti di preghiera da vivere nelle case, in famiglia.

Voglio e cerco di essere una ‘presenza’ per questa gente che sicuramente non avrà tempi facili e dovrà affrontare situazioni difficili, soprattutto chi ha lavori saltuari e una sola stanza per casa.

Come lo vede questo tempo che ci costringe a vivere in maniera insolita?

E’ un tempo ‘speciale’ quello che mi e ci è dato di vivere! E‘ tempo di silenzio per scendere nel profondo del nostro spirito. Tempo di osservazione profonda, per guardare negli occhi chi ci è vicino…e sorridere. Tempo di contemplazione coraggiosa…per scendere, con Lui, nei sotterranei della storia e guardare in faccia gli ‘scarti’ di questa società opulenta. Tempo di verifica del nostro stile di vita spesso incatenato da corse al consumo e sguardi egocentrici. Tra le voci silenziose una mi ricorda una riflessione che ho letto in questi giorni…

E cosa dice?

Qualcuno ha immaginato il virus che ci dice così: “Vi ho voluti il più possibile rinchiusi e isolati nelle vostre case, lontano dai vostri genitori, dai vostri nonni, dai vostri figli e nipoti. Perché capiate quanto sia importante un abbraccio, il contatto umano, il dialogo, una stretta di mano, una serata tra amici, una passeggiata in centro, una cena in qualche locale, una corsa al parco all’aria aperta. Da questi gesti deve ripartire tutto. Siete tutti uguali, non fate distinzioni tra voi. Vi ho dimostrato che le distanze non esistono. Ho percorso chilometri e chilometri in pochissimo tempo e senza che voi ve ne siate accorti. Io sono di passaggio ma i sentimenti di vicinanza e collaborazione che ho creato tra di voi in pochissimo tempo dovranno durare in eterno”.

Non ha un po’ di timore?

Ti confesso che un po’ di timore ce l’ho, vista l’età e le condizioni di vita che ci sono qui, a cui si aggiunge la fragilità del servizio sanitario e ospedaliero. Ma ecco che, tra le paure, un’altra voce si erge dolce e rassicurante: “Il Signore ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio”. (Salmo 91, 4) E poi: “In quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre mio, e che voi siete in me ed io in voi” (Giovanni 14:20). Sì! Sotto le sue ali siamo ben protetti…sulle sue braccia siamo ben custoditi. Lui è il Signore!. Ricordiamoci nella preghiera. Un grande abbraccio.