Diseguaglianze: cambiare qui e ora

Facebooktwitterlinkedinmail

I ragazzi della parrocchia di Santa Croce a Raviscanina, in provincia di Caserta, hanno disegnato un pane simbolicamente ‘spezzato’ da un paio di forbici. «Abbiamo inteso la frase ‘chiudere la forbice’ come condivisione del pane, che ci consente di conoscere Gesù».  Il processo creativo che li ha portati ad elaborare le risposte è di per sé un cambiamento sociale.

I giovani dell’oratorio di San Domenico Savio per la categoria foto hanno inviato un girotondo a forma di cuore, perché «per combattere le diseguaglianze occorre stringersi», hanno detto.

Raccogliendo la sfida lanciata dal contest (foto, disegno e video), della Campagna ‘Chiudiamo la forbice, una sola famiglia umana’, questi ed altri ragazzi di diverse diocesi, hanno stimolato la loro creatività e inviato i loro elaborati alla Caritas. Quel che ne è emerso è un panorama ricchissimo di soluzioni, fatte col cuore, la mente, il pensiero e l’umanità.

La premiazione è avvenuta oggi, alla presenza di rappresentanti della Caritas, di Missio, Focsiv ed Earth Day, nella sede dell’Azione cattolica a Roma. Il tema del seminario era: ‘Diseguaglianze, cambiare qui e ora’.

«Dove c’è diseguaglianza nel mondo, c’è un problema – ha spiegato ancora Di Blasio nell’introdurre il tema del seminario di oggi sulla “povertà educativa”  – : c’è qualcuno che fa più fatica di altri». E questo divario è inaccettabile.  La diseguaglianza segna in maniera profonda tutte le società del pianeta, che nei vari contesti e territori devono trovare le basi per la propria stessa sopravvivenza, e di quella delle generazioni future.

«Secondo l’ultimo report dell’Unesco ci sono ancora 58 milioni di bambini al mondo senza scolarità e la diseguaglianza educativa è in aumento – ha spiegato Carina Rossa della Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes – La probabilità di non andare a scuola è quattro volte più alta nei Paesi  in via di sviluppo, dove mancano anche gli insegnanti».

«Tutte le volte che diamo importanza alle paure – ha ammonito don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione Missio – ne diventiamo schiavi. Il compito dei missionari è anche quello di depurare le credenze religiose dalle paure ed elevarle a qualcosa di più significativo».

Don Giuseppe ha poi ricordato la sua esperienza missionaria nel nord-est del Brasile, nello Stato del Paraibà, dove il 24 giugno si celebrano le feste junine, in ricordo della nascita di San Giovanni Battista.

«In quei giorni anche la gente più povera si sente ricca per l’abbondanza di mais, dolci, torte. Ci sono danze in costume. La festa del raccolto è abbinata alla festa di Giovanni Battista.  Al tramonto del giorno prima, il 23 giugno, tutti accendono i fuochi della vigilia. Ho chiesto in giro cosa significassero. Mi hanno detto che se non si fa il salto del fuoco ci sarà un anno di disgrazie. La gente ha paura del malocchio».

Era stato «riempito il vuoto con le paure».

«L’anno successivo – ha concluso – la festa di San Giovanni è stata preparata con un mese di anticipo e tutte le comunità hanno acceso il fuoco davanti alla cappella e celebrato la liturgia della parola».

La Campagna ‘Chiudiamo la forbice’ è promossa da oltre una decina di enti e associazioni tra le quali: Azione Cattolica, Coldiretti- Fondazione Campagna Amica, Comunità Papa Giovanni XXIII, Pax Christi, oltre a Caritas, Missio e Focsiv. 

L’obiettivo globale della Campagna, che prosegue, è quello di ragionare assieme, partendo dai territori, dalle scuole  e dalle parrocchie, sui motivi della diseguaglianza declinata in tre ambiti: la produzione e il consumo di cibo, la pace e i conflitti, la mobilità umana.