Ciad, una missionaria racconta: “siamo nel caos più totale, si teme la guerra”

"Abbiamo paura, situazione instabile". I ribelli parlano di "colpo di Stato dinastico" dopo l'insediamento del figlio di Déby.

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“In Ciad stiamo vivendo un momento di gran confusione, un caos totale. Posso dire che quel che è successo (l’uccisione in battaglia del presidente appena rieletto Idriss Dèby ndr.) era prevedibile, poichè qui l’instabilità è una costante, ma allo stesso tempo è stata una sorpresa perché è successo in maniera brusca e improvvisa”.

A parlare con noi al telefono da N’Djamena, capitale del Ciad, dove si trova in missione con altre cinque consorelle e una novizia, è suor Paola Neloumta, Provinciale delle missionarie di Santa Giovanna Antida Thouret.

Déby, 68 anni, al potere da oltre 30 anni, avrebbe iniziato presto un sesto mandato come presidente, dopo il verdetto delle urne di aprile. Ma è stato ucciso il 20 aprile durante uno scontro armato con i ribelli. Il figlio trentasettenne, Mahamat Déby, ha preso il suo posto. 

“In questo momento abbiamo l’impressione che il gruppo che ha preso il potere, col figlio di Déby, succeduto al padre, stia tamponando la situazione come può, ma non si sta attenendo alla Costituzione. Questa non è una monarchia ereditaria, è una Repubblica! Il timore è che la presa di potere del figlio, possa scatenare delle reazioni violente”, argomenta la missionaria.

E in effetti, come riporta la stampa e titola oggi il sito della Bbc, i gruppi ribelli parlano di “colpo di Stato dinastico”.  Il rischio di una guerra civile è sempre in agguato.

La Costituzione, ci spiega la missionaria, prevede che “alla morte improvvisa del Presidente ad assumere l’incarico sia il Presidente del Parlamento, con un interim, impegnandosi ad organizzare le elezioni. Ma quello che sta succedendo qui è che il Presidente appena rieletto è deceduto e quello del Parlamento non accetta di prendere il potere. Questa situazione non è normale: noi non siamo una monarchia ereditaria ma una repubblica. I giovani non lo accettano e i gruppi armati neanche…”.

Il timore dei missionari, del popolo e anche delle opposizioni politiche, è che si possa sprofondare in un’ulteriore instabilità politica in questo vasto Paese africano che ha una lunga storia alle spalle di ribellioni, guerriglia e tentativi di colpi di Stato.

“Ci sono molte perplessità: noi vogliamo quello che tutti i ciadiani desiderano, ossia evitare la guerra – dice suor Paola – e ci chiediamo se sia possibile rispettare la Costituzione. Le persone non vogliono più soffrire, temono una nuova guerra”.

L’atmosfera è tesa nella capitale, conferma la suora: «il Comitato di transizione che si è formato chiede alla popolazione di fare tutto come d’abitudine, di normalizzare la situazione. Non ha imposto il coprifuoco, ma c’è polizia in giro e i gruppi armati potrebbero muovere guerra”.

Paura e incertezza dominano in questo momento a N’Djamena, “le persone sono spaventate”, ripete suor Paola.

Siamo in periodo di Ramadan, fa molto caldo, abbiamo più di 40 gradi. Tutto questo fa in modo che ci sia una situazione anomala, quasi surreale. La gente ha paura a girare per le strade, prima di uscire e di attraversare la strada ci si pensa due volte”.

(La foto è tratta dal sito Pexel, esente da copyright)