Siglato Protocollo corridoi umanitari per 1200 cittadini afghani

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Un lavoro congiunto che unisce le forze della Chiesa e delle istituzioni italiane, per consentire di evacuare dai Paesi limitrofi all’Afghanistan – Pakistan e Iran e Paesi di transito – quante più persone possibile. E’ l’intento del nuovo Protocollo d’intesa, appena firmato, per mettere a punto dei corridoi umanitari per 1200 cittadini afghani.

Ne dà notizia l’ufficio per le comunicazioni sociali della Cei.

L’intesa, si legge nella nota, è stata siglata oggi al Viminale, tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e Politiche migratorie, il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, la Conferenza Episcopale Italiana, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese, ARCI, INMP, UNHCR per la realizzazione del progetto “Corridoi umanitari/Evacuazioni per l’Afghanistan”.

L’accordo permetterà «l’ingresso legale e in sicurezza di 1200 cittadini afghani in evidente bisogno di protezione internazionale nell’arco di due anni, con la possibilità di estendere la durata a 36 mesi», scrive la Cei.

Secondo quanto previsto, il progetto verrà sviluppato in Pakistan e Iran, ed in eventuali altri Paesi di primo asilo/Paesi di transito.

Le persone che arriveranno in Italia saranno accolte in diverse diocesi dove, con il supporto delle Caritas locali, saranno sostenute in un percorso di integrazione e inclusione.

«Proseguiamo nella positiva sperimentazione dei corridoi umanitari che, a partire dal 2017, hanno permesso alla Chiesa che è in Italia di farsi prossima a quanti necessitano di protezione internazionale.

Grazie a Caritas Italiana, infatti, la CEI ha già contribuito ad offrire un’alternativa legale a oltre mille persone provenienti dall’Etiopia, dal Niger, dalla Turchia, dalla Giordania», afferma monsignor Stefano Russo, Segretario Generale della CEI.

«I corridoi umanitari – aggiunge – rappresentano una via sicura per coloro che sono costretti a fuggire dalla propria terra e, allo stesso tempo, dimostrano che soggetti istituzionali, governativi e non, della società civile e religiosa possono cooperare fattivamente per trovare soluzioni concrete al dramma delle migrazioni. Per questo auspichiamo che quello dei corridoi umanitari diventi uno strumento strutturale di gestione delle politiche migratorie».