Valmi Bohn, la suora anti-tratta che in Brasile contribuisce a far luce sul traffico di persone

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La parola che ricorre più spesso tra quelle pronunciate da una suora anti-tratta come Valmi Bohn, della congregazione della Divina Provvidenza, è “inganno”.

«L’inganno fa parte del gioco – ripete lei, parlando del traffico di esseri umani in Brasile – Le donne, i giovani, i bambini vengono adescati con la promessa di un futuro migliore».

I famigliari delle vittime o gli amici più fidati spesso, sono parte integrante della trappola: «gli intermediari sono membri della famiglia – spiega suor Valmi, che è anche Coordinatrice nazionale della rete “Um grito pela vida” -: quando le persone sono davvero molto povere, arrivano a vendere i propri figli”.

Abbiamo incontrato suor Valmi durante la prima Assemblea Generale di Talitha Kum a Roma  – la Rete mondiale della vita consacrata contro la tratta – e ci ha raccontato alcuni dettagli di questa struttura del crimine, una ragnatela che le religiose cercano di smontare in ogni modo, facendo prevenzione.

Con il Brasile guidato da Bolsonaro, ci ha spiegato, è ancora più difficile oggi coordinare un lavoro delicato fatto di alleanze.

«Io vivo e lavoro a Manaus, nello Stato di Amazonas, siamo quattro consorelle – dice Valmi – Manaus è una città molto diversificata dal punto di vista religioso, sociale, culturale, anche culinario. Chi la visita da turista vede una città meravigliosa, ma se poi girando si perde nei bairros, viene a contatto con tutta la contraddizione della povertà».

Il Brasile con i suoi 26 Stati federali e ben 9 paesi confinanti è una specie di zona franca per i trafficanti: la rete criminale si insinua all’interno, soprattutto da quando è aumentata la pressione migratoria alle frontiere ed è più facile adescare le persone vulnerabili.

«Oggi in Brasile – spiega la missionaria – esiste un mercato per lo sfruttamento sessuale, uno per la vendita degli organi, uno per la schiavitù domestica e persino uno per l’adozione illegale dei bambini”.

Che in molti casi, anziché essere adottati da nuove famiglie, vengono fatti sparire e uccisi per la sottrazione degli organi. Il mercato degli organi è fiorente in tutta l’America Latina ma anche in Europa. Quando suor Valmì ne parla, non può far a meno di commuoversi.

«Ci colpisce sempre molto la facilità nel convincere i giovani a partire con la promessa magari di un lavoro all’estero. Sono vittime ingannate», dice. Ed hanno bisogno di persone che li aiutino a svelare l’inganno.

Anche i sogni vengono manipolati: ai ragazzi che desiderano diventare calciatori «viene ad esempio promesso un ingaggio in una squadra di calcio” e poi vengono fatti sparire e finiscono schiavi.

Il lavoro della rete anti tratta, ci spiega lei che a Roma ha incontrato altre decine di suore di Talitha Kum impegnate nella prevenzione (Talitha Kum è un progetto della Uisg), è finalizzato a «sensibilizzare le persone e metterle in guardia, nelle scuole, nelle parrocchie, nei gruppi e nelle università».

«Si ha la sensazione che stia aumentando il numero delle persone trafficate ma in realtà ci sono anche più denunce contro i trafficanti e quindi il fenomeno viene allo scoperto. Attualmente noi suore che aderiamo alla rete di Talitha Kum, siamo impegnate nella prevenzione, soprattutto con i migranti in aumento, ad esempio al confine con il Venezuela».

Di questi tempi, però, la politica brasiliana, non facilita affatto i loro sforzi, anzi li ostacola:

«Questo governo – conferma la suora – taglia i fondi per le associazioni. Mai come con Bolsonaro abbiamo avuto tante difficoltà. È più complicato per le associazioni. Tutto il lavoro che facciamo è volontariato, si ottiene tramite progetti e donazioni finanziarie per avere il materiale usato per la prevenzione al traffico.

Prima era molto più facile lavorare con le istituzioni, la nostra impressione è che con i governi precedenti c’era molta più apertura. Bolsonaro è un disastro totale per noi. Sta cercando di interferire anche con il sinodo sull’Amazzonia».

Il grosso del lavoro delle suore è anche di coordinamento: «la nostra non è una azione di investigazione ma di prevenzione, però se una giovane è trafficata in uno stato confinante, noi abbiamo bisogno della collaborazione della polizia federale e del consolato. E’ necessario che ci aiutino. Noi abbiamo bisogno di coordinamento,  facciamo affidamento su tutti coloro che possono aiutare a favorire il rientro delle vittime».

Con delle istituzioni poco collaborative come quelle del presidente Bolsonaro, la rete missionaria che contrasta la rete criminale è indebolita.

Attualmente in Brasile ci sono 240 rotte di traffico di esseri umani e anche attraverso l’Amazzonia si apre la frontiera verso altri paesi.

Lo Stato di Amazonas è una porta di ingresso e di uscita per il traffico, soprattutto alla frontiera con Colombia e Venezuela: lo stare in rete e di fungere da barriera contro la struttura criminale dei trafficanti è una condizione imprescindibile per lavorare in modo efficace.

All’assemblea di Talitha Kum, in questi giorni a Roma, hanno partecipato 86 delegati provenienti da tutto il mondo: 21 delegati dall’Asia / Medio Oriente, 19 dall’America Latina e Caraibi, 17 dall’Africa, 17 dall’Europa, 8 dall’Europa Nord America, 4 dall’Oceania.