Un missionario Orionino racconta l’odissea dei profughi dal Venezuela

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Fuggono dalla fame, dalla mancanza di medicinali, dall’azzeramento sociale ed economico che ha fatto del Venezuela uno Stato sotto collasso da troppo tempo. Sono un fiume di uomini e donne che si assiepano poco oltre il confine col Brasile, presso Pacaraima, nella diocesi di Roraima. Qui alcuni missionari orionini – José Sebastião Barros da Silveira, brasiliano, don Miguel Alberto Fernández, argentino, lavoreranno insieme al parroco Jesús Lopez Fernandez de Bobadilla, un missionario spagnolo fidei donum, incardinato nella diocesi di Roraima- nell’iniziativa “CUORE SENZA CONFINI” per aiutare chi attraversa la frontiera. Tra loro in particolare gli indigeni che stanno fuggendo dalla fame, dalla mancanza di servizi sanitari e dall’emarginazione in Venezuela.

L’orionino Sebastião Barros da Silveira racconta l’impatto con la difficile realtà che ha incontrato arrivando a Pacaraima: “Sono andato a visitare quattro centri di accoglienza dove c’era una grande folla di profughi venezuelani. Altri hanno aspettato per ore al cancello che si liberasse un posto. Secondo le stime più accreditate solo a Boa Vista attualmente ci sono più di 25 mila venezuelani”. E aggiunge: “È triste vedere la situazione di uomini e donne che vendono aglio, stoviglie e tanti altri prodotti per le strade e i marciapiedi. Mentre gli adolescenti lavano il parabrezza di macchine ai semafori per poche monete. Molti di loro hanno studiato hanno già finito il college nel loro Paese. Tutti sperano di trovare a San Paolo una nuova vita”

“A Pacaraima – prosegue il sacerdote orionino – dopo un lungo viaggio ho trovato centinaia di persone a dormire sospese su delle rudimentali amache. Domenica abbiamo celebrato bene quattro messe con la presenza delle popolazioni indigene e dei Venezuelani. Qui il parroco è padre Jesús Lopez Fernandez de Bobadilla, un missionario spagnolo, fidei donum, attualmente incardinato nella diocesi di Roraima ed ha 78 anni”.

“Andiamo solitamente a letto presto – spiega – perché alle 3 del mattino iniziamo a fare le colazioni per i rifugiati. Oggi è stata la mia prima esperienza con il gruppo di volontari che si occupa del pasto della mattina. Alle 5 in punto inizia ad essere servita la colazione e il servizio finisce alle 7,30”.

“A Paracaima – sottolinea- ci sono 1300 venezuelani e indigeni che vengono per la colazione. Per molti di loro è l’unico pasto del giorno. Qui piove molto e fa molto freddo. In totale in questo momento ci sono oltre seimila persone che vivono in totale miseria. La città è molto povera, manca l’igiene, le strade sono invase da una folla di immigrati che vagano dappertutto”.

A Pacaraima – prosegue Don José Sebastião Barros da Silveira – si stima che ogni giorno passino almeno seimila immigrati. Alcuni si fermano latri ripartono per la capitale dello stato Boa Vista che si trova a 220 chilometri di distanza e non c’è nemmeno un villaggio sulla strada. Pertanto, non trovano posti dove possono fermarsi per riposare o mangiare. Dormono sul ciglio della strada in balia degli eventi”.