«Sono appena rientrato da Macallè, capitale del Tigray, la regione etiopica che cinque mesi fa si ribellò al governo federale di Addis Abeba. Andai per rinnovare la patente e per incontrare i nostri confratelli rimasti isolati per cinque mesi senza internet, senza telefono e senza corrente elettrica. Grazie a Dio stanno tutti bene».
Lo scrive don Angelo Regazzo, missionario salesiano ad Addis Abeba, raccontando del suo recente viaggio nella zona in guerra.
I confratelli, dice il missionario, «mi hanno riferito cose orribili, commesse sia dalle truppe etiopiche che eritree contro i civili. Amnesty International ha accusato Etiopia ed Eritrea di crimini contro l’umanità».
Il messaggio prosegue: «si parla di migliaia di civili uccisi, case e chiese bruciate, preti ortodossi uccisi, specialmente ad Axum, fabbriche e cliniche saccheggiate, strumenti e macchinari rubati e trasportati in Eritrea».
Don Angelo, che nella capitale etiope gestisce un centro per ragazzi senza famiglia o in situazioni molto disagiate, il Don Bosco Children, spiega che nel Tigray «anche le nostre missioni cattoliche e conventi di suore sono stati derubati: hanno preso decine di macchine, i computer delle scuole, i telefonini e oggetti personali».
Si è trattato di «un vero e proprio vandalismo e chi si opponeva veniva ucciso sul posto».
Il salesiano conferma che l’intervento dell’esercito era stato annunciato come «un’operazione militare lampo, di una o due settimane al massimo, come avevano detto le autorità governative, e invece dopo cinque mesi il conflitto continua ancora perche’ i ribelli Weyane si sono imboscati fuori dalle città e fiaccano le truppe regolari con la tattica della guerriglia».
E’ notizia di queste ore che l’Eritrea avrebbe finalmente accettato di ritirare le proprie truppe dal paese. Ma ancora l’esito non è chiaro.
Don Regazzo scrive che le Nazioni Unite «chiedono in continuazione all’Eritrea di ritirare le sue truppe e all’Etiopia di terminare l’operazione militare, ma sembra che questo non accadrà in breve tempo perche’ i ribelli Weyane non sono ancora stati catturati».
Il missionario dice che «nel frattempo decine di migliaia di Tigrini sono migrati in Sudan e quelli rimasti rischiano di morire di fame».
Diversi enti caritatevoli, tra cui anche «noi salesiani, stanno organizzando interventi umanitari per aiutare le popolazioni del Tigray, ma non è facile muoversi perche’ gli spostamenti in quelle zone di conflitto sono rischiosi».