Tanzania, tra land grabbing e oleodotti: testimonianze dalla savana

Al webinar di Missio Giovani collegamento zoom con un villaggio africano colpito dal passaggio dell'Eacop

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«Nel nostro villaggio non c’è più acqua, facciamo molta fatica a sopravvivere: gli animali non bevono abbastanza e muoiono, noi scaviamo delle pozze ma l’acqua che troviamo è salata e ci fa male alla pancia.

Non si può più vivere così, mentre invece va avanti il progetto per la costruzione di un oleodotto che passerà sotto la nostra terra!».

Il paradosso della Tanzania è questo: non c’è più acqua ma scorrerà presto petrolio destinato ad altri mercati.

La testimonianza è di Samuel Robert, un ragazzo di Kwamadule, villaggio della savana nella Tanzania orientale, che ieri è intervenuto con un collegamento zoom (nonostante le difficoltà della connessione di rete), al webinar organizzato da Missio Giovani sul tema del land grabbing in Africa.

La giornalista di Popoli e Missione, Ilaria De Bonis, ospite della serata inserita nel ciclo di incontri moderati da Giovanni Rocca lungo il percorso formativo dei giovani, ha raccontato le ripercussioni concrete dell’accaparramento di terre” sulla vita della gente.

I due case study presi in esame ieri sera erano il Mozambico e la Tanzania.

In quest’ultimo, Ilaria De Bonis è stata per tre settimane ad agosto scorso, con l’intento di raccontare i danni subiti dalle popolazioni locali della savana per via del passaggio dell’Eacop, l’East African Crude Oil Pipeline.

«L’oleodotto interrato ancora in costruzione – 1443 km di infrastruttura surriscaldata a 50° – ha spiegato la giornalista – è finanziato dalla francese TotalEnergies e dalla cinese Cnooc ed attraversa Uganda e Tanzania per finire al porto di Tanga, sull’Oceano Indiano, da dove il greggio verrà imbarcato per l’Asia. Lungo il tragitto incrocia città e villaggi tutt’altro che disabitati, le cui terre saranno espropriate».

Il Land grabbing è un fenomeno sempre più diffuso a livello globale: il portale di Land Matrix (clicca qui https://landmatrix.org/) parla di 1.865 accordi transnazionali illegali (che chiamiamo di land grabbing) stipulati da 38 Paesi diversi per una superficie totale di 33 mln di ettari.

Tra i Paesi target in Africa: Ghana, Congo, Liberia, Mozambico, Madagascar, Sierra Leone, Senegal, Tanzania e Zambia.  

(Nella foto in apertura Samuel Robert alle prese con la ricerca di acqua nel villaggio)