Sudan: urgente sapere quello che sta succedendo nel Paese

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Antonella Napoli, giornalista e analista di questioni internazionali, ha raccontato stamane i particolari della sua brutta avventura in Sudan mentre svolgeva il proprio mestiere di documentarista indipendente per denunciare al mondo le violenze del regime dittatoriale di Khartoum che da decenni opprime il popolo sudanese, nell’indifferenza del mondo.

Di ritorno dal Paese africano attraversato dalle proteste contro il presidente Omar Hassan al Bashir, che hanno già fatto registrare decine di vittime, Napoli ha spiegato che è stata fermata e trattenuta per alcune ore nella capitale sudanese dalla polizia locale nel giorno dell’Epifania.

Nel corso del suo intervento, organizzato nella sede romana della Federazione nazionale della Stampa italiana, la giornalista ha mostrato alcuni materiali e video inediti raccolti durante il suo viaggio.

Insieme con lei, hanno preso parte alla conferenza stampa: il segretario generale e il presidente della FNSI, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti; il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury; il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani; il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna; il presidente e la portavoce di Articolo 21, Paolo Borrometi ed Elisa Marincola e il nostro direttore, padre Giulio Albanese.

Antonella Napoli

“Tutto è iniziato con delle semplici riprese” ha spiegato Napoli. “Ho chiesto all’autista del tuk tuk che avevo preso dal mio albergo di fermarsi subito dopo il ponte che attraversa il Nilo per fare delle immagini. Una ripresa del paesaggio, del fiume, della gente assembrata davanti a un edificio governativo, brevi frame da utilizzare come possibili ‘tagli’ per il reportage che avrei realizzato appena tornata in Italia. Forse ho ripreso il posto e le persone sbagliate. Di certo c’è che un paio di individui non identificabili, con abiti civili, si sono avvicinati e mi hanno chiesto perché ero lì e scattavo foto. Poi mi hanno obbligata a seguirli per motivi di sicurezza. Nonostante avessi chiesto di mostrarmi un documento che attestasse fossero della polizia o dei servizi di sicurezza hanno ignorato la mia richiesta. Hanno voluto il mio telefono e la telecamera. Hanno setacciato foto, immagini, file. E hanno cancellato tutto. Certo, temevo potessero arrestarmi. Per questo non ho protestato quando mi hanno chiesto di consegnargli cellulare e telecamera. Volevo uscire da quella situazione il prima possibile. Mi hanno fatto tante domande, intimandomi di non scattare altre foto. Poi mi hanno lasciata andare”. Nonostante questa brutta, la giornalista ha avvertito la necessità e il dovere di raccontare ciò che ha visto. Oggi ha parlato delle centinaia di persone in strada per manifestare la propria disperazione. Dell’uso indiscriminato contro uomini, donne e bambini di gas lacrimogeni che anche lei ha respirato. Contrastanti le ricostruzioni delle proteste in corso in Sudan contro il caro vita e per chiedere le dimissioni del presidente al Bashir. Per le autorità, le manifestazioni avrebbero causato 24 morti. Secondo Human Rights Watch e Amnesty International le vittime sarebbero almeno 40.

Nel corso dell’incontro odierno, intitolato “Illuminiamo il Sudan”, la giornalista ha aggiornato il computo delle vittime, rivolgendo un appello ai colleghi:  “Facciamo sapere quello che sta succedendo in questo Paese dove ci sono stati già 55 morti, 1200 arresti, e il governo continua a reprimere ogni forma di dissenso con la violenza, nel sangue”. Secondo Napoli, le autorità europee “devono fare di più perché il Sudan è sensibile a tutto ciò che riguarda l’economia e gli affari in generale”. Le manifestazioni contro il governo – nella provincia di Gadaref vicino al confine con l’Etiopia e l’Eritrea, a Khartoum, a Omdurman e nelle regioni a nord e nordest della capitale – sono iniziate il 19 dicembre scorso a causa di un provvedimento del governo di al Bashir, al potere da trent’anni, che stabiliva l’aumento del prezzo del pane e del carburante, dovuto alla scarsità dei beni di prima necessità. I dimostranti chiedono le dimissioni del presidente e un governo di transizione approvato da tutta la società sudanese.