Un Paese liberato solo a metà; e per l’altra metà, tra montagne, altopiani e foreste, sempre più nelle maglie di una opposizione paramilitare inferocita che tenta il tutto per tutto pur di non cedere territorio.
La regione sotto scacco è il Darfur, in Sudan, dove le Rapid Support Forces guidate dal generale Dagalo, vorrebbero creare un secondo governo con l’intenzione di fatto di smembrare il Paese.
È il quadro tracciato da un testimone diretto del conflitto, padre Diego Dalle Carbonare, Superiore provinciale dei comboniani in Egitto e Sudan, che opera dal Cairo anche per Paese del Corno d’Africa.
“In Sudan viviamo un disastro totale, ma non in tutto il Paese: mentre nel Darfur la guerra è peggiorata da quando l’esercito ha liberato Khartoum dalle Rapid support Forces, le cose sono tornate quasi alla normalità nella capitale”.
Tanto che molti sfollati e rifugiati in un controesodo stanno rientrando nelle loro case.
“La vita si è quasi normalizzata – dice – e la guerra è molto placata al punto che noi comboniani stessi ragioniamo su un possibile rientro a Khartoum nei prossimi mesi”, ci racconta.
Purtroppo nel Darfur dove anche le calamità naturali mettono alla prova la resistenza del popolo impoverito e stanco, e una frana ha appena ucciso mille persone, è vero il contrario. In questi ultimi mesi si è inferocito l’assedio di el-Fasher capitale del Darfur occidentale, dove è stato ucciso anche il parroco a giugno scorso.
Don Luka Jumu, parroco di el-Fasher, 55 anni, gravemente ferito dall’esplosione di un ordigno è morto il 13 giugno.
“Questa è l’unica città del Darfur controllata a vista dall’esercito e perciò presa in ostaggio dalle RSF”, spiega il missionario. Di fatto la popolazione è chiusa dentro e non può evacuare né ricevere aiuti.
“A el-Fasher continuano gli appelli dell’Onu perché non c’è cibo e non arrivano medicinali e altri beni essenziali – sono ancora le parole di padre Diego – C’è gente che fa la fame, è una cosa disastrosa…davvero. Sia lì che in altre città dove si combatte, i civili muoiono a migliaia”.