Nord Kivu, appello della società civile: “Non svendete le nostre risorse minerarie e quelle delle future generazioni”

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La pace nel Nord Kivu è una priorità assoluta per tutti, ma va ricercata al di fuori dello scambio economico sui minerali preziosi voluto da Donald Trump. 

A chiedere che la garanzia di sicurezza nell’Est della Repubblica Democratica del Congo non sia subordinata alla «cessione dei minerali agli Stati Uniti e al Ruanda», è un gruppo di attivisti, professionisti ed intellettuali africani.

 «Mentre i processi di Doha e Washington hanno aperto nuove dinamiche di negoziazione – si legge nel documento – noi esprimiamo le nostre riserve sui negoziati in corso.

Il  Paese affronta una minaccia esistenziale senza precedenti.

Dalla caduta di Bunagana fino alla presa di controllo di Bukavu, il territorio nazionale è stato amputato». 

La lunga lettera è rivolta alla presidenza congolese e firmarla sono 43 personalità pubbliche della RDC, tra le quali spicca il Premio Nobel per la Pace Denis Mukwege.

«È urgente lavorare ad una via d’uscita dalla crisi che faccia tacere le armi e ponga fine ai conflitti ricorrenti che devastano e portano lutto alla nostra nazione da tre decenni – dicono –

Oltre 10 mln di compatrioti sopravvivono oggi nel terrore della violenza armata e nell’angoscia della fame, sotto il giogo dell’occupazione dell’esercito ruandese e dei suoi alleati dell’Alleanza Fiume Congo e del Movimento ribelle del 23 Marzo, M23».

Nel constatare che la responsabilità «è condivisa tra le velleità espansionistiche dei Paesi vicini e il deficit di governance interna», i firmatari, tra i quali Guilain Mathe, di Nexus Paix, promotore dell’iniziativa esprimono riserve sul processo negoziale in corso. 

Soprattutto nella parte relativa agli accordi economici che faranno da corollario al negoziato sul cessate-il-fuoco abbozzato in un accordo preliminare che dovrà essere ratificato tra due mesi alla Casa Bianca.

«La pace è l’unico orizzonte possibile, ma esistono diverse vie per raggiungerla- precisa la società civile – 

Mentre i processi di Doha e Washington hanno aperto nuove dinamiche di negoziazione, noi esprimiamo alla vigilia del vertice convocato dal presidente degli Stati Uniti le nostre riserve sui negoziati in corso.

 E’ pertinente sottolineare che «i minerali strategici, talvolta detti minerali di sangue o minerali del conflitto, devono essere destinati in risorse di sviluppo e di pace.

I parchi nazionali e le risorse naturali di cui abbonda il nostro Paese possono contribuire alla pace, ma solo se sotto condizioni eque.

Esse rappresentano il patrimonio comune della Nazione congolese, il cui sfruttamento deve contribuire al benessere della popolazione attuale e anche delle generazioni future, seguendo un modello di governance ispirato ad altre esperienze di successo nel mondo».

La lettera giunge al suo punto centrale con l’esortazione al presidente Tshisekedi:

«Tenendo conto di queste disposizioni costituzionali e del diritto sovrano di governare e amministrare il proprio territorio senza ledere la sovranità, vi esortiamo, Signor Presidente, a non svendere le nostre risorse e quelle delle generazioni future al regime di Kigali nell’ambito dell’integrazione economica regionale promossa sotto l’egida del padrino americano».

Infine dicono:

«Ricordiamo le parole del defunto Sommo Pontefice che, durante il suo soggiorno a Kinshasa nel 2023, espresse la sua indignazione per il saccheggio delle risorse naturali della RDC:

“Dopo il colonialismo politico, il colonialismo economico è altrettanto schiavizzante… Di conseguenza, questo Paese meravigliosamente ricco non è in grado di beneficiare pienamente delle sue immense risorse.

Si è giunti al paradosso per cui i frutti della sua terra lo rendono “straniero” ai suoi stessi abitanti…

Restituite al popolo congolese il controllo sulle sue risorse, togliete le mani dall’Africa! Smettete di soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare né una terra da saccheggiare!”.

Per tutte queste ragioni, vi invitiamo a non sacrificare i minerali congolesi e a includere la giustizia transizionale in tutti i processi di pace e a facilitare la consultazione nazionale coinvolgendo tutte le forze vive della Nazione, compresi i rappresentanti eletti, prima di ogni eventuale firma su accordi internazionali».