Nigeria: un Paese allo sbando e insicuro, “massacri quotidiani, senza zone franche”

La violenza dei pastori Fulani dietro l'attacco di massa di domenica scorsa in una chiesa cattolica.

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Nessun luogo è sicuro nella Nigeria di Muhammadu Buhari, alle prese da anni con una violenza “vile e satanica”, come oggi l’ha definita il governatore dello Stato di Ondo, Rotimi Akeredolu.

Dopo l’ennesimo attacco, ancora più devastante, stavolta in una chiesa cattolica (ma la violenza si ripete ciclicamente e nel mirino ci sono i cristiani ma spesso anche i musulmani), si parla di una lotta per la terra e il potere tra pastori e agricoltori.

Oltre 50 persone sono state uccise durante la messa di Pentecoste domenica scorsa nella chiesa di Francis Xavier, nella cittadina di Owo, al Sud del Paese, fino a questo momento al riparo dalla violenza settaria ed etnica.

 «I nostri cuori sono pesanti, la nostra pace e la nostra tranquillità (nella regione sud-occidentale del Paese ndr.) sono state attaccate dai nemici del popolo».

A parlare è ancora Akeredolu, come riportano sia il Guardian che Al Jazeera.

«Non si tratta di una guerra civile, nè di una  guerra etnica o di religione.

Io direi piuttosto che è in corso una vera e propria “pulizia etnica”.

Non ci sono due fazioni che si fronteggiano, per noi è chiaro che anche questa strage di massa è opera del gruppo dei pastori nomadi Fulani», ci dice al telefono un sacerdote della cittadina di Koko, Delta State al sud del Paese.

Padre A. (preferisce non essere citato per motivi di sicurezza), parla con rammarico della frequenza di attacchi in tutto il Paese e dell’«assoluta mancanza di una reazione da parte della comunità internazionale e del governo nigeriano».

«Sfortunatamente – dice –  il mondo non sta reagendo come dovrebbe, e sembra che rimanga in silenzio di fronte ad una violenza che è quasi quotidiana».

Il mese scorso era stato rapito e poi liberato Samuel Kanu, pastore della Chiesa metodista: i cristiani sono particolarmente nel mirino, ma non si tratta di uno scontro tra religioni, spiegano i missionari.

Quanto piuttosto di una questione legata alla terra e al potere. Una lotta per le risorse e il territorio tra i pastori nomadi e gli agricoltori stanziali.

 «Una supremazia», la definisce padre A. Sta di fatto che la gente «cerca riparo nelle foreste, le persone vengono barbaramente uccise o rapite con molta facilità e non c’è rispetto per la vita».

Già nel 2018 Amnesty International aveva pubblicato un report dal titolo: “Harvest to death, tre anni di scontri sanguinari tra pastori e agricoltori”. clicca qui.

Fino al 2016 i rapporti tra i due gruppi erano sereni e pacifici, poi qualcosa si è rotto ed è intervenuta una conflittualità che sta sfociando in veri e propri atti di terrorismo.

Tra il 2016 e il 2018 si è arrivati ad un numero di vittime pari a oltre 3600 persone e la conta dei morti è poi aumentata col tempo.

«C’era un rapporto cordiale tra di noi e una coesistenza pacifica», avevano raccontato ad Amnesty gli agricoltori intervistati in quel periodo, nello Stato di Kaduna, al Nord. 

Poi, il conflitto violento, che dura tutt’ora e che appare manipolato dalle leadership locali.

«Il mondo è intervenuto in Ucraina perche non interviene in Nigeria?», si chiede padre A. che già un anno fa ci aveva raccontato:

«La situazione qui è molto molto brutta e tesa.

Non c’è la minima sicurezza. I terroristi non attaccano solo i cristiani, però è un dato di fatto che molti cristiani vengono uccisi e le case ataccate e distrutte. Noi non dormiamo perchè abbiamo paura, che Dio ci protegga!».

Le regioni prese di mira sono insicure per la gente comune anche perchè esercito e forze di sicurezza governative mancano del tutto, come conferma il sacerdote.

Questi gruppi armati «non sono affatto improvvisati», ci aveva detto, ma  le loro azioni restano impunite.

«I terroristi possiedono armi sempre più sofisticate, ma dall’altra parte noi non ci sentiamo protetti dalle forze di sicurezza, anzi in qualche caso ci sono collegamenti e connivenze tra i due».