Niger, Armanino: “tensione costante, i colpi di Stato non ci stupiscono più”

L'opposizione protesta per le elezioni appena concluse, c'è tensione a Niamey per un tentato golpe.

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In un Niger molto sofferente, quotidianamente sconvolto dalla violenza del terrorismo e da «una tensione costante tra maggioranza e opposizione», non è una sorpresa il tentativo di colpo di Stato post elettorale appena effettuato nel Paese.

Questa è l’opinione di padre Mauro Armanino, missionario della Società Missioni Africane che al telefono da Niamey ci racconta cosa accade in questi giorni delicatissimi che precedono il giuramento del nuovo presidente, Mohamed Bazoum (previsto il 2 aprile ndr.).

Bazoum è dello stesso partito di maggioranza del capo di Stato uscente, Mahamadou Issoufou: il sospetto è che abbiano pilotato il processo elettorale, così afferma l’opposizione.

«C’è da dire anzitutto che i colpi di Stato in Niger sono una costante: dal 2010 in poi si verificano come fosse un metodo. Quello che osservo io, e di cui ho molte volte scritto, è che qui viviamo una violenza costante e una totale mancanza di dialogo tra rappresentanti politici – dice padre Mauro – ; la politica è malata e quando in un Paese la politica è malata, tutto il resto si ammala. E’ come se fosse un virus».

Quello che sta accadendo adesso, secondo Armanino, è che il presidente uscente Issoufou ha favorito il suo braccio destro (si parla di brogli elettorali) che difatti ha vinto le elezioni, provocando una dura reazione dell’opposizione.

«Stamattina si sarebbe dovuta svolgere una manifestazione qui in città: da casa sentiamo l’odore dei lacrimogeni – dice – E’ consigliabile per noi non uscire oggi, perchè non sappiamo cosa potrebbe succedere nel corso della giornata, non sappiamo se l’opposizione guidata dal candidato che ha perso la tornata elettorale, Mahamane Ousmane, possa portare in piazza il suo seguito».

Inoltre, spiega il missionario, le violenze jihadiste che si susseguono a cadenza regolare, con l’ultimo tragico bilancio di 200 morti pochi giorni fa, sono da «ricollegare a questo clima generalizzato di forte destabilizzazione. Questo è un Paese che vive chiuso dentro, hanno bloccato le frontiere, e ogni tensione si amplifica deflagrando in violenza. A rimetterci naturalmente sono i civili, sono le persone comuni».

La povertà è il leit motiv che alimenta questa agitazione: «l’ultima notizia è che hanno chiuso anche la grande miniera di uranio del Paese, che dava lavoro a tanta gente. E si chiude perchè non è più così redditizia come un tempo. La gente è sempre più povera, anche se si parla di modernizzazione del Paese».