Nelle Filippine, dove i missionari italiani vivono ed operano

Foto e testimonianza del collega video-maker e reporter, Paolo Annechini

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«Tess, una signora con il marito molto malato, quattro metri per quattro la sua baracca di lamiera, si fa carico anche di un ragazzo vicino di casa malato a sua volta.

Siamo stati a casa sua. Alla domanda di don Luigi “perché fai questo?”, Tess ha risposto: “Ricambio i doni che ho ricevuto”».

Accade anche di assistere a queste scene di vita quotidiana e missione, durante le trasferte all’estero del Cum e di Luci nel Mondo.

Paolo Annechini, giornalista e collega della redazione di Popoli e Missione e NotiCum, in questi giorni è nelle Filippine per seguire l’incontro dei missionari italiani (Manila, 15-18 gennaio), e ci ha raccontato questa ed altre piccole storie di vita…

Ha inviato alcune note di testo e delle foto molto belle che condividiamo con voi, in attesa del suo rientro e del suo racconto dal vivo.

Ad Happyland, zona portuale di Tondo- Manila «i canossiani lavorano in una parrocchia (San Pablo Apostol) che presenta situazioni molto problematiche», ci racconta Annechini.

E i guanelliani a Quezon City con don Luigi Di Giambattista, seguono la disabilità.

Secondo Social Weather Station, che da quasi 40 anni monitora l’evoluzione della società dell’arcipelago, indica che il 48% degli intervistati (pari a 13,2 milioni di famiglie) nelle Filippine si considera povero.

Le famiglie che si considerano fuori dalla fascia di povertà sono oggi il 25% – in crescita di tre punti percentuali -, mentre coloro che si ritengono al limite tra sufficienza e povertà sono il 33%. 

Nei sobborghi di Manila i poveri urbani non hanno fonte di sostentamento nemmeno per allevare i figli che spesso non vanno a scuola e sono costretti a mendicare per la strada, mentre gli adulti sono “lavoratori informali” che cercano di guadagnarsi da vivere con attività precarie.

Gli anni di Rodrigo Duterte sono stati srammatici per le Filippine: secondo i dati governativi da giugno 2016 a novembre 2021 sono state uccise 6.200 persone, soprattutto poveri delle periferie delle grandi città, piccoli spacciatori, trafficanti e consumatori.

Il Tribunale Penale Internazionale (ICC) invece stima che le vittime della guerra di Duterte ai trafficanti di droga (che ha visto morire però migliaia di poveri cittadini innocenti), potrebbero essere tra le 12mila e le 30mila persone, e ha aperto un procedimento per crimini contro l’umanità su Duterte, chiamato the punisher, il castigatore.

 

(Le foto sono di Paolo Annechini, proprietà Fondazione Missio)