Missionarie con i poveri in Laos, tra templi spettacolari e natura

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Ancora fuori dai circuiti turistici, il laos è uno dei paesi più poveri del Sud est asiatico. Tra comunità di monaci buddisti e villaggi isolati, la comunità delle suore della Carità vive la missione tra i più bisognosi, gli orfani e i giovani da formare per un futuro migliore.

Chi ha potuto farlo assicura che navigare sulle placide acque del Mekong sia una delle esperienze più emozionanti che si possano fare nella vita.

Il Laos è ancora una meta fuori dai circuiti turistici di massa: il periodo coloniale, la ventennale guerra civile ed il comunismo dogmatico avevano ancor più isolato il Paese al centro dell’Indocina.

Oggi è sempre più facile scendere dalla Thailandia fino alla mitica Luang Prabang, serpeggiando fra templi spettacolari immersi in una natura lussureggiante, con elefanti selvatici e processioni di monaci nei loro sari arancioni sulle sponde.

«Il mio è un popolo pacifico e generoso, accogliente e con un grande senso di adattamento – racconta suor Phimphone Heuangdeth, a Roma per terminare gli studi in Scienze Religiose -. Nel Paese non c’è una grande libertà di espressione, ma la gente non ha perso la speranza che tutto questo possa cambiare poco a poco».

Il rapporto 2021 di Reporters sans Frontières pone il Laos al 172esimo posto su 180 Paesi in quanto a libertà di stampa, ed anche con quella religiosa le cose non vanno meglio.

Ufficialmente la libertà di religione è riconosciuta ma i rappresentanti delle fedi minoritarie (i cristiani sono circa 50mila e rappresentano l’1% della popolazione) non possono fare proseliti.

Anche le sangha, le comunità dei monaci buddisti, sono sottoposte ad un rigido controllo da parte dello Stato.

«Ci è permesso fare catechismo nelle parrocchie ma non possiamo parlare di religione all’esterno – prosegue suor Phimphone -. Le cose, comunque, stanno gradualmente mutando.

Anche a motivo del moltiplicarsi dei matrimoni misti, lo Stato qualche volta chiude gli occhi sul nostro darci da fare nella società».

Conosciute come le suore della Carità, le suore di Santa Giovanna Antida Thouret, sono arrivate in quest’angolo di Indocina il 14 gennaio 1934, nello stesso giorno in cui, a Roma, Papa Pio XI proclamava santa la fondatrice di questa congregazione missionaria.

Quattro le suore che erano scese dalla Savoia a Thakhet, chiamate dal responsabile della comunità cristiana di questa cittadina nella provincia di Khammouane, padre Victor Barbier.

Con la fine della guerra civile, e la nascita della Repubblica Democratica Popolare del Laos nel 1975, le suore sono costrette a lasciare le loro opere nelle grandi città e ad andare ad occuparsi dei cristiani nei villaggi dispersi sul territorio, per portare la loro testimonianza evangelica e condividere la vita semplice della gente di campagna.

Proprio la loro vicinanza ai poveri e ai più bisognosi, ha indotto lo Stato laotiano – cosa assolutamente rimarchevole – a domandare alle suore di avviare una scuola per sordomuti a Luang Prabang.

A 15 anni dall’apertura, questa accoglie una cinquantina di giovani dai sei ai 20 anni che, oltre a ricevere una formazione idonea con la loro difficoltà, usufruiscono anche del vitto e dell’alloggio.

Complicata anche la situazione economica del Laos, che registra alti tassi di disoccupazione giovanile; un sistema sanitario inefficiente e totalmente sulle spalle dei cittadini; un diritto allo studio difficile da realizzare per l’alto costo delle scuole e delle università.

Oltre a Luang Prabang, le suore della Carità sono presenti in altre 13 comunità, generalmente nei villaggi attorno ai centri urbani di Vientiane, Thakhek, Savannakhet e Pakse, dove le suore hanno accolto decine di bambini rimasti orfani dopo il crollo della diga di Attapeu, nel 2018.

Si occupano di pastorale giovanile e degli ammalati; accolgono giovani ragazze in difficoltà in quattro foyer – case famiglia – per permettere loro il completamento degli studi; dirigono due asili nido (a Vientiane e a Savannakhet).

«Le periferie esistenziali e umane indicate da papa Francesco provocano anche noi suore della Carità – spiegano dalla casa generalizia di Roma -. Dio è ovunque, il nostro prossimo è dappertutto.

E questo ci basta, diceva santa Giovanna Antida.  Veniamo da una storia di vicinanza e di servizio ai poveri, ma in qualsiasi tappa della vita ci sentiamo chiamate a ri-scoprirci “missionarie in uscita”, donne appassionate di Cristo e dei poveri».