In Ecuador la rabbia popolare, covata per anni sotto la cenere, contro povertà diseguaglianze, è esplosa dirompente il 22 settembre scorso nella provincia di Imbabura.
Sciopero e blocco totale (repressi nel sangue), per dire no agli aumenti del prezzo del carburante.
I militari il 14 ottobre hanno sparato sulla folla.
Le popolazioni indigene vessate dalla presidenza di Daniel Noboa stanno rialzando la testa.
Ma oltre il caos e la paura di questo momento di rivolta, c’è una Chiesa missionaria che opera da sempre dalla parte degli ultimi.
«Lo scopo dello Stato è dividere: la speranza è creare un’armonia delle differenze», dicono don Giuliano Vallotto e padre Daniele Favarin, fidei donum nel Paese al confine con la Colombia dal 1989.
Le loro parole, assieme a quelle di molti altri missionari italiani sono state raccolte da Luci nel Mondo e Fondazione Missio in uno dei video prodotti per l’ottobre missionario.
Testimoniando un bisogno di giustizia che risale a ben prima degli ultimi due mesi.
«Noi partiamo dalla lotta alla povertà – dice padre Giuseppe Tonello -bisogna produrre beni materiali: i contadini son capaci di farlo, e allora vendiamo frutta, mais e grano.
E poi formaggi e tanto altro».
Mentre l’economia dei grandi numeri gira a favore dei potenti, quella missionaria è dalla parte dei poveri.
Oltre 600 mila persone usufruiscono dei progetti del Fondo Ecuadoregno Populorum Progressio (Fepp) di Tonello in Ecuador; 400 mila sono quelle coinvolte nel commercio equo e solidale di Maquita con don Graziano Mason. Il gruppo sociale è molto articolato.
«C’è la scuola di formazione e poi il centro per il Commercio equo e solidale.
Varie attività oltre alla banca che è il proseguimento del fondo ecuadoriano populorum progressio», spiega.
Padre Tonello è certo che bisogna prima «superare la povertà materiale con il lavoro e poi arrivare ai bisogni spirituali».
Padre Antonio Polo dice: «certamente Nestlè produce formaggio più buono del nostro», però in tanti visitano Salinas perché rappresenta un modello di sviluppo integrale comunitario.
Don Vallotto afferma nel video: «non è vero che questi uomini e donne hanno meno di noi, hanno qualcosa di diverso e questo significa fare un pezzo di strada assieme.
Né dietro nè davanti, ma accanto».
Ci interroghiamo, dice padre Favarin, su «come essere motivo di speranza in situazioni di tensione forte che pongono squilibri.
Vogliamo essere voce di queste persone che per la loro condizione sociale non sono ascoltate oppure vengono sfruttate».
Per i missionari laici Giorgio Marino e Cristina «c’è sempre una possibilità.
La molla è quella di dare opportunità ai singoli recandoci in luoghi dove non hanno nessuna possibilità sebbene siano persone con grandi qualità».
La prossimità fisica con le popolazioni indigene, la conoscenza profonda delle periferie del Paese, consentono a questi missionari di fare la differenza e di interpretare i bisogni reali delle persone trascurate dallo Stato.
Per guardare il video qui:
https://vimeo.com/showcase/GMM2025?video=1118111046

