La moringa della Sierra Leone e il ‘brand’ del thè salesiano

Un progetto agricolo che consente di dar lavoro a trenta famiglie e di lottare contro la povertà.

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Si può con la sola forza di una pianta tropicale trasformare l’economia di un intero villaggio e dar lavoro ad una trentina di famiglie rurali della Sierra Leone?

Decisamente sì, se dietro il progetto si nasconde l’energia creativa di una piccola comunità delle missioni Don Bosco.

È quello che sono riusciti a realizzare nel giro di tre anni, nel distretto di Bo, in Sierra Leone, fratel Riccardo Racca e i suoi tre confratelli, grazie alla moringa oleifera.

Ce lo racconta lui stesso al telefono da Bo: fratel Riccardo descrive la potenza di un’idea divenuta realtà concreta.

La moringa oleifera è un arbusto tropicale importato dall’India, chiamato anche ‘pianta miracolosa’: «ha i fiori bianchi, può crescere molto e diventare un vero albero, ed è buona dalla testa ai piedi!», dice il missionario.

Della moringa in effetti non si butta via nulla: questo progetto semi-industriale delle missioni don Bosco prevede «la raccolta e l’essicazione delle foglie con un procedimento semplice ma lungo».

Poi, come in fabbrica, si procede alla trasformazione delle foglie essiccate e passate dentro un sofisticato macchinario, in thè nero, con tanto di bustine e packaging finale. Ed in ‘moringa powder’: una polvere super-proteica che fa da integratore alimentare e arricchisce le zuppe.

Il finanziamento del progetto, comprensivo del nuovissimo macchinario per impacchettare i prodotti – è arrivato tre anni fa dalla Cooperazione tedesca e da allora ha reso la vita migliore a tante famiglie povere della regione.

«Le piante di moringa crescono molto bene nella nostra zona- assicura il salesiano – La polvere viene utilizzata per cucinare, come fosse una farina, per di più proteica! Ma noi abbiamo aggiunto il brand, ossia la firma del nostro don Bosco!».

Un esempio di come si possa andare oltre la povertà, persino in un Paese giudicato senza speranza negli anni Novanta.

La Sierra Leone ha una storia travagliata e tristemente nota per il commercio illegale dei diamanti, che ispirò il film americano ‘blood diamond’.

Oltre alle miniere e alle lotte intestine per il potere, però, il Paese – oggi retto dal presidente Julius Maada Bio – offre molto di più.

Straordinariamente ricco di foreste e bellezze naturali, come il parco nazionale della foresta pluviale di Gola, nel Sud est, è uno degli Stati più interessanti dell’Africa occidentale.

Ed anche tra i più popolosi: conta circa 8 milioni di abitanti. 

«Fuori di qui ci conoscono per tre fenomeni – conferma fratel Riccardo – i diamanti, i bambini soldato e l’ebola, ma è chiaro che la Sierra Leone non è solo questo».

Dare stabilità politica ed economica resta una sfida aperta: Amnesty International ha denunciato lo scorso 20 marzo la repressione delle manifestazioni di piazza dell’agosto scorso.

Ora il Paese attende le elezioni di giugno e spera in una rinascita che dia stabilità e dignità al suo popolo.

Molti dei bambini soldato sono oggi uomini adulti che hanno riscattato la loro infanzia, come Ishmael Beah, nato nel 1980, che ha pubblicato nel 2010 “Memorie di un soldato bambino”, e raccontato la sua rinascita.

«Noi salesiani lavoriamo con i giovani, seguendo gli insegnamenti del nostro fondatore – dice ancora fratel Racca – quello che facciamo è dare loro la possibilità di costruirsi un futuro, anche lavorativo, insegnando un mestiere grazie alle scuole professionali.

È da qui che parte, oltre all’istruzione, la riuscita di un intero Paese africano come la Sierra Leone».