In Niger mendicanti si diventa, ma la schiavitù non è per sempre

Il racconto di padre Mauro Armanino, missionario SMA a Niamey.

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Chi arriva per la prima volta nella capitale Niamey, è stupito dal numero impressionante di bambini che, utilizzando la strada come ambito di lavoro, una funicella e un pentolino come strumento di lavoro, mendicano cibo o monetine.

Vengono comunemente chiamati ‘Talibé’, scolari di modeste scuole coraniche di quartieri poveri, affidati a maestri che cercano di sbarcare il lunario facendosi ‘aiutare’ da coloro ai quali insegnano i rudimenti del Corano in arabo.

Malgrado le leggi, le raccomandazioni e le ingiunzioni questo fenomeno continua ormai da anni e rischia di protrarsi finchè farà comodo ad alcuni che esso perduri.

Un’armata di mendicanti potenziali potrebbe essere utile a molti.

Per guadagnarsi il paradiso con le elemosine del venerdì, per avere voti eventuali quando verrà il momento delle elezioni per i piccoli mendicanti saranno cresciuti e infine per ogni eventuale manifestazione di piazza, quando ve ne fosse di bisogno.

Oltre le cipolle e la carne del numeroso bestiame transumante, da anni stiamo esportando bambini mendicanti.

In Algeria, nel Senegal e, secondo le recenti notizie dei mezzi di comunicazione, nel Ghana.

Si sono formati circuiti di sfruttamento dei bambini da parte di adulti, donne e uomini, che accompagnano e coordinano i processi di mendicanza e la spartizione dei guadagni operati grazie a loro.

Tutto ciò appare giustamente scandaloso ma non solo perché il fatto implica una visione negativa e vergognosa del Paese di origine dei bambini.

Lo scandalo consiste soprattutto nella riduzione a oggetto di pietà e dunque di sfruttamento dei bambini che, per tutta la loro vita saranno marcati da questa forma di schiavitù contemporanea.

Ciò che dovrebbe piuttosto interrogare autorità, cittadini, genitori, strutture educative e istituzioni religiose, è il motivo e cioè le condizioni sociali ed economiche che portano alla ‘professionalizzazione’ della mendicità.

Essere costretti o perlomeno spinti alla scelta della mendicità per sopravvivere è una sconfitta e una vergogna per tutti, Dio compreso.

Mendicanti si nasce e talvolta lo si diventa per necessità ma, per fortuna, mendicanti non lo si rimane per sempre.