Nel Piano Mattei il missionario vede "atteggiamento coloniale e di sudditanza"

Gli 80 anni di padre Kizito, con i ragazzi di strada in Zambia e Kenya

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La sua storia è legata a doppio filo con quella del continente africano; la sua presenza missionaria nel poverissimo Zambia rurale, tra le ex miniere di rame e l’enorme savana, risale a ben 42 anni fa, ancora prima del suo arrivo in Kenya.

Per la prima volta nel 1982 padre Kizito ebbe l’idea di creare alla periferia di Lusaka una comunità di «cristiani impegnati che fanno del loro meglio per essere anche autenticamente africani».

Chiamò questa comunità Koinonia, più tardi la sviluppò anche in Kenya, con l’obiettivo di «mantenere fedeltà al bello, al buono e al giusto della grande tradizione africana, ma con il Vangelo sempre al centro».

La storia la rievoca lui stesso, con noi al telefono in questa lunga intervista.

Oggi i frutti si vedono e sono tanti: l‘attività prosegue con diversi progetti, tutti legati ai ragazzi e ai bambini di strada, al loro recupero, all’istruzione ma anche al contrasto del traffico di esseri umani. 

La scuola di agricoltura organica Laudato Sì, a Lusaka, in Zambia, è uno di questi frutti:

«su 100 acri di terra, a 15 km dalla capitale, di recente abbiamo avviato una scuola di agricoltura con 18 studenti ma le domande aumentano! – ci racconta con orgoglio –

Un frutteto, con manghi avocado e papaie serve per dar da mangiare ai nostri ragazzi, oltre che a sviluppare progetti bio».

Quest’anno la stagione della pioggia, ci racconta, «è fallita, non si vede una goccia d’acqua.

C’è una forte siccità. Bisogna preparare la gente a fare dei lavori indipendenti. Oltre a coltivare, a fare il falegname, l’allevatore, il muratore».

Padre Renato Kizito Sesana, classe 1943, compirà 81 anni il prossimo 18 agosto; metà di questi anni li ha trascorsi tra Kenya e Zambia, oggi non più da comboniano ma come sacerdote incardinato nella diocesi di Ngong, a sud di Nairobi.

«In Kenya ci sono diverse iniziative di Koinonia: Anita’s Home, Domus Mariae Secondary School, Malbes e Tone la Maji con lo Shalom Garden», racconta. 

Il partner italiano dei progetti di Cooperazione è la onlus Amani.

Dal 1973 al 1975 il missionario è stato direttore della rivista comboniana Nigrizia, in quegli anni ha iniziato a visitare l’Africa, nel 1976 ha studiato inglese in una parrocchia di Los Angeles e, appena tornato in Italia si è laureato in Scienze Politiche a Padova. Poi è partito. E praticamente non è più tornato.

Sebbene per lui il legame con l’Italia resti fondamentale: dal 24 aprile sarà in Lombardia, per incontri e spettacoli «assieme a diversi giovani di Koinonia, impegnati nella giustizia e nella pace in Zambia».

«Lo Zambia è più povero del Kenya e la scuola è di livello basso e costa – ci spiega – E’ per questo che continuiamo a fare attività anche a Lusaka e dintorni».

Non si può lasciare indietro lo Zambia.

Un Paese di una bellezza naturale mozzafiato, grande poco più del doppio dell’Italia, con città ancora poco sviluppate (eccetto Lusaka).

Il 55% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, e la povertà rurale è stimata al 78%.

Molto diverso dal Kenya, con le sue immense township di periferia, organizzate come piccole città di rifiuti urbani, tra Kibera e Korogocho. Paese urbanizzato ma drammaticamente diseguale. E con una povertà non tanto rurale quanto urbana, che rende le vite della gente un inferno.

«Abbiamo attività di servizio ai bambini di strada e ai giovani ed ex carcerati.

Stiamo anche entrando nel campo di intervento e riscatto vittime dei traffici umani in Kenya – ci racconta il sacerdote – ovviamente, lavorando in strada e con la gente ci siamo imbattuti già da parecchi anni con questo fenomeno». 

Padre Kizito dice che la Cooperazione allo sviluppo internazionale «è una possibilità ma alle volte quando i grandi progetti di sviluppo passano dai governi, questi si perdono ed è un peccato».

I progetti di Amani e Koinonia sono studiati assieme, con una controparte che è partner attivo e propositivo e il rapporto non è mai di sudditanza o di verticalità. «I nostri progetti nascno dall’interno, non vengono calati dall’alto e da fuori», dice.

Per questa stessa ragione padre Kizito nutre dubbi anche rispetto al Piano Mattei per l’Africa che non riesce ben ad inquadrare ancora: «ho cercato di leggere quello che lo riguarda ma a parte rinvigorire i legami storici ed economici con alcuni Paesi africani, non capisco a cosa punti.

L’atteggiamento colonialista però resta: ‘ poverini li aiutiamo perchè gli africani non sono come noi…’.

Ma in realtà qui ci sono capacità enormi e dovrebbero essere protagoniste di qualsiasi progetto comune. Lo sviluppo delle persone viene prima!».