Parla José Andrés, fondatore della Ong colpita stanotte e che ha visto morire sette operatori

Gaza, World Central Kitchen: “Israele smetta di usare il cibo come arma”

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«Il governo israeliano deve mettere fine a questo sterminio indiscriminato.

Deve smetterla di restringere gli aiuti e uccidere i civili e gli operatori umanitari, smetterla di usare il cibo come arma».

Lo ha dichiarato su X José Andrés, fondatore della Charity americana World Central Kitchendopo aver appreso della morte di sette colleghi, colpiti stanotte in auto dall’aviazione militare israeliana.

WCK ha sede a Washington ed è stata fondata da Andrés con lo scopo di portare cibo e beni di prima di necessità nelle zone di guerra.  

In queste ore la comunità internazionale tocca di nuovo con mano l’atrocità di un esercito che colpisce indiscriminatamente civili, staff e operatori, volontari internazionali a Gaza.

A Deir al-Balah lunedì notte l’aviazione ha sparato “per errore” su un convoglio della onlus World Central Kitchen uccidendo sette persone, tre delle quali di nazionalità polacca, australiana e britannica.

«Nonostante avesse coordinato i propri spostamenti con l’IDF – ha scritto la charity in un comunicato – Il convoglio è stato colpito appena lasciato il magazzino dove il team aveva scaricato oltre 100 tonnellate di cibo e aiuti per Gaza, lungo la via del mare».

«Un colpo non voluto» (“unintended strike“), sul quale si indagherà meglio, abbattutosi contro «persone innocenti».

In futuro ci si adopererà per «evitare che avvenga nuovamente».

Sono le sole secche parole di Benjamin Netanyahu che ha commentato così, come riporta l’AP, quest’ultimo crimine di guerra.

Ammettendo dunque la responsabilità del proprio esercito.

Cipro ha giocato un ruolo fondamentale per l’apertura di un canale marittimo destinato all’arrivo di navi-convoglio umanitarie con scorte di cibo per Gaza.

Il 30 marzo scorso tre di queste imbarcazioni erano salpate da un porto cipriota con a bordo 400 tonnellate di beni alimentari per un popolo ridotto alla fame.

Ma alcune navi erano state costrette a tornare indietro con 240 tonnellate di aiuti non consegnati per via delle difficoltà ad approdare. 

Il sospetto è dunque che la onlus americana fosse un target ben preciso dell’IDF e non un semplice “danno collaterale”, come ha lasciato intendere Netanyahu. 

In queste ore il fronte di guerra israeliano anziché restringersi o cedere il passo a un cessate-il-fuoco, si sta allargando all’intera regione: l’aviazione militare israeliana ha colpito ieri il consolato iraniano a Damasco, in Siria, uccidendo sette persone.

«Condanniamo fortemente questo attacco terroristico atroce – ha dichiarato Faisal Mekdad, ministro degli Esteri dell’Iran – attacco che ha colpito il palazzo del consolato a Damasco e ucciso degli innocenti». 

Il bombardamento ha lasciato sul campo sette persone, tra le quali Mohammed Reza Zahedi, un top commander delle Guardie Rivoluzionarie iraniane.

La Repubblica islamica minaccia vendetta.