Etiopia in sofferenza dopo il default, “un limone costa 50 centesimi di euro”

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Mentre prosegue la disputa (non lontana da un aperto conflitto) tra Etiopia ed Eritrea sulla questione dei porti e dell’accesso al Mar Rosso, il Paese reale guidato dal premier Abiy Ahmed è in grande sofferenza. 

La perdita di capitali e di uomini, dovuta al conflitto nel Tigray, l’accumulo di debito estero, e soprattutto il recente default finanziario, hanno messo il Paese in ginocchio.

A dicembre scorso Addis Abeba non è riuscita a pagare una cedola da 33 milioni di dollari sul suo unico titolo di Stato internazionale.

E perciò è stata avviata tecnicamente una procedura di ‘fallimento’ dei conti pubblici, con un tentativo estremo di ristrutturazione del debito.

«La situazione economica dell’Etiopia non va affatto bene – ci racconta da Addis Abeba don Angelo Regazzo, missionario salesiano – Soprattutto dopo che il Paese è andato in default”.

Questo stato di indebitamento si ripercuote sulla popolazione già impoverita.

“La moneta locale, il Birr si è svalutata tantissimo e i prezzi sono quadruplicati! – racconta il salesiano –

Pensate che un solo limone costa 50 centesimi di euro mentre due o tre anni fa con 50 centesimi si poteva comprarne mezzo chilo”.

E lo stesso, aggiunge don Angelo, si può dire di altri beni primari come “le cipolle o le banane, che sono alla base del cibo etiopico.

Inoltre, come è orami evidente, la situazione politica è delicata e sempre più instabile”.

Vivere nel Corno d’Africa da missionari, cooperanti e residenti non è facile per nessuno.

L’altro elemento di forte instabilità è la costruzione (e la difficile gestione) della Diga della discordia sul Blue Nile. Ossia la Grand ethiopian reinnassance dam, che devrebbe essere tripartita tra Etiopia, Egitto e Sudan.

Ma per la quale ancora si negozia e gli accordi con Il Cairo, dopo l’ultimo tentativo fallito, sembrano finiti in una impasse.

“Per fortuna – ci racconta ancora don Regazzo – i ragazzi senza famiglia che noi salesiani accogliamo nel Bosco Children, stanno tutti bene.

I  vari progetti tengono occupati i nostri Monelli: dalla fattoria, alla stalla, dal pollaio, alla conigliera, all’orto. E persino l’apicoltura”.