Dal Sud (e Nord) del mondo a Lisbona, per papa Francesco

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La 37esima Giornata Mondiale della Gioventù unisce infiniti cammini individuali in un unico grande percorso di speranza. Un’esperienza di gioia e amicizia per migliaia di ragazzi e ragazze provenienti dalle diocesi di tutto il mondo.

Si incontrano finalmente dopo quattro anni il papa e i giovani: per rivivere quell’energia che, nelle varie Giornate Mondiali della Gioventù, ha attraversato fin dagli anni Ottanta i confini geografici e non solo.

Quella di Lisbona è la 37esima edizione, come sempre un mosaico di espressioni, colori, culture.

Ma soprattutto un mix di esperienze diverse legate dallo stesso filo: l’invito del papa ad alzarsi e ad andare.

Ciascuno secondo le sue possibilità, anche nella fretta di riprendersi le occasioni di incontro mancate. Perché, dopo Panama, il mondo è stato come sospeso.

«La pandemia ha generato slanci o depressioni», spiega don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale italiano di Pastorale Giovanile.

«Nel senso che pur con 60mila presenze e il Paese ben rappresentato, c’è un divario tra diocesi che hanno raccolto pochissimo rispetto al passato ed altre che hanno triplicato gli sforzi.

È lo specchio della vita della Chiesa nella situazione attuale: c’è chi si è lasciato andare e chi sta cercando di darsi da fare».

Tuttavia, la cosa bella degli ultimi mesi, in Italia come altrove, è stata «la capacità di mettersi in gioco, con iniziative di autofinanziamento che, riunendo attorno a un tavolo idee e persone, hanno creato legami che resteranno per sempre».

Ora, però, don Michele è proiettato sul dopo. «L’auspicio è che siano stati costruiti percorsi di crescita, con un’attenzione educativa che abbia accompagnato i ragazzi a fare attraverso la Gmg un cammino personale».

Non un viaggio turistico, quindi, ma un pellegrinaggio interiore.

È esattamente lo spirito di crossroads, l’esperienza itinerante del Pime dal 27 luglio al 10 agosto per entrare in contatto con alcune realtà significative della Chiesa europea.

«L’idea era quella di incrociare le strade degli altri, perché la missione si genera dall’incontro», racconta entusiasta padre Alessandro Canali, partito con 60 giovani, per lo più della diocesi di Milano, e 10 membri dell’équipe.

«Le nostre tappe, a parte Lisbona: Marsiglia, con visita alla Caritas e al Servizio Rifugiati dei Gesuiti; Barcellona (Pastorale Sociale) e Madrid, nella parte più nascosta della città, quella di una Chiesa che si impegna per i più poveri».

Più o meno nello stesso periodo, un gruppo di giovani provenienti da diverse parti d’Italia ha iniziato un viaggio al contrario: anziché dirigersi verso il Portogallo, ha volato verso la Guinea Bissau per un’esperienza missionaria a Bafatà.

«Poiché la questione dei permessi è stata per molti un vincolo e un limite pesante, abbiamo creduto fosse un gesto di attenzione verso chi non poteva viaggiare con la nostra stessa facilità e libertà», dice don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro missionario diocesano di Verona.

«È stato anche il segno di una Chiesa rivolta alle Chiese più giovani.

Non solo una visita, ma una condivisione con i ragazzi del posto e i fidei donum, per conoscere meglio il contesto, compresi i nostri progetti avviati nel 2000».

Tra i nove ragazzi anche Tommaso Cavagnari, 32 anni, originario di Villafranca, educatore e studente universitario, da sempre impegnato in parrocchia e nell’Azione Cattolica.

«Già stato a Madrid, avrei partecipato anche a questa GMG, ma da tempo aspettavo di fare un’esperienza missionaria, per scoprire un mondo diverso dal mio».

Questa, la giusta sintesi per sentirsi in comunione con tutti. «Una sensazione strana non essere a Lisbona, ma altrettanto bello stare con i giovani di Bafatà.

Non è come dire “ci siamo persi la festa grande”; l’abbiamo vissuta, piuttosto, a distanza, ma uniti».

Tommaso ha già capito tutto: «in partenza, si sembra Maria, ma al ritorno si diventa Elisabetta». Perché, come ricorda padre Stefano Camerlengo, superiore generale dei Missionari della Consolata, «bisogna riconoscersi poveri e mendicanti nell’avvicinarsi gli uni agli altri».

Pur avendo ottenuto solo 15 visti Schengen per Lisbona, fratel Bikash James Rebeiro, segretario esecutivo della Commissione nazionale per i giovani, ci ha reso la fotografia di un Paese in fermento: «celebrare la Gmg in parallelo, al di là dei problemi, è stato un modo per sentirsi una Chiesa viva».

Sulla stessa scia il Guatemala «che, con i suoi 400 pellegrini, aveva voglia non solo di condividere e rafforzare la propria fede, ma anche di mostrare al papa e al mondo la giovane Chiesa che siamo», commenta padre José Raúl Ruano, assistente nazionale della Pastorale Giovanile guatemalteca.

«E poiché la Gmg non è solo un evento e una data definita, ma soprattutto un processo di attività che rafforzano il lavoro pastorale, anche chi è rimasto a casa ha potuto vivere intensamente vari momenti, in sintonia con Lisbona».

L’elenco sarebbe ancora lungo, perché il desiderio di esserci – da Napoli ad Asti, dall’Albania al Paraguay, dalle Filippine al Gabon all’Ucraina – sfiora il cuore dei giovani a tutte le latitudini. Ma il pensiero va agli assenti. A quelli che vivono mondi paralleli e capovolti.

A quelli che sono più lontani da tutti e che ancora dobbiamo raggiungere. In fretta.