Il bellissimo racconto di suor Dionella Faoro, francescana elisabettina

Con i Mapuche della Patagonia, tra fede cristiana e Pachamama

Facebooktwitterlinkedinmail

Il borgo “La Amarga” è un pugno di case in mezzo al grande deserto della Patagonia.

Un piccolo paese, anzi una frazione de Las Coloradas. E’ abitato da gente di etnia Mapuche con tratti molto marcati.

Il gruppo missionario di Centenario di Neuquen è stato invitato a partecipare alla festa del Beato Zeffirino Namuncurà (un giovane mapuche beatificato da papa Benedetto XVI, primo indio ad essere elevato all’onore degli altari, ndr).

Nell’occasione è stato celebrato anche l’anniversario dei 32 anni della cappella.

In realtà, si tratta di un salone usato per i vari eventi della comunità. Abbiamo goduto anche della presenza di padre Martino, un sacerdote di origine tedesca.

Siamo arrivati dopo tre ore di auto. La strada diritta e asfaltata mi ha dato l’opportunità di ammirare la natura con le sue svariate piante dai mille colori, strigliate dal forte vento della Cordigliera delle Ande, mentre il sole (il poncho del povero) riscalda l’aria e le persone.

Il primo approccio è gioioso e bello. La comunità ci aspetta con le braccia aperte. Bambini, donne e uomini esprimono la loro gioia con un bacio e un forte abbraccio.

Noi ci sentiamo accolti come in casa fin dal primo momento.

Le relazioni spontanee sono un grande aiuto per conoscere i loro costumi, la realtà contadina, i problemi e le speranze.

La Pachamama (Madre terra) è un gran regalo di Dio che è stato donato affinchè sia custodito, coltivato, perché l’umanità si nutra dei suoi frutti.

La terra non è proprietà dell’uomo, ma di Dio; per questo l’uomo la deve coltivare con dedizione e gratitudine.

La fede semplice e animista del popolo Mapuche accompagna tutta la durata della vita fin dall’infanzia.

Questo popolo, lontano dal rumore e dalle luci abbaglianti delle città del cosiddetto benessere, vive nella serenità, nella lotta, nella pace, nel sacrificio e nella fatica per sbarcare il lunario, ed è aperto al dono, alla gratuità, alla bellezza del vivere in armonia il quotidiano.

I ragazzi che riceveranno la Prima Comunione lasciano il gioco del calcio e sono i primi ad entrare in cappella, poi i genitori, i parenti e la comunità. In pochi minuti l’assemblea è pronta per lodare e ringraziare il Signore.

Padre Martino presiede la celebrazione e assicura che sarà breve perché poi ci sarà un battesimo e la processione per portare il quadro del beato Zeffirino sulla collina vicino alla grande croce.

In realtà la celebrazione eucaristica dura due ore, perché impreziosita da momenti di catechesi, canti, preghiere e simboli.

Poi la grande tavolata con , pane fatto in casa e poca verdura riuniscono tutti.

Ognuno si avvicina con un pezzo di pane, prende la parte dell’agnello che desidera e ritorna al suo posto.

La chiesa si trasforma in casa e la casa in chiesa dove tutti hanno un posto per vivere in allegria, fraternità, cordialità. I suonatori, con le loro gioiose note, danno inizio al ballo popolare che prosegue fino al calar del sole.

Ho negli occhi, nel cuore, nel mio essere donna, la bellezza, la gioia, la serenità, l’umanità, la solidarietà, il servizio di questa gente Mapuche che vive il Vangelo della gioia e della carità con la vita nella quotidianità.