A Genova con l’Auxilium: tra sbarchi, nuovi arrivi e vecchie povertà

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La Fondazione Auxilium, patrocinata dalla Caritas Diocesana di Genova, è nata nel 1931 ed è cresciuta fino ad oggi per dare risposte concrete a persone senza fissa dimora, stranieri, minori non accompagnati, famiglie povere, donne vittime di violenza, pazienti affetti da Aids e Hiv.

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«Non una struttura, non un’opera, ma un riferimento operativo che potesse, con sensibilità e concretezza, immaginare, progettare, gestire servizi, strutture ed opere».

Oggi, l’Auxilium lavora in sinergia con diverse cooperative sociali tra le quali il Melograno ed Emmaus, in vari ambiti, non ultimo il contrasto alla Tratta di esseri umani.

«La nostra caratteristica, come Fondazione, è quella di mettere tutto in relazione ed avere uno sguardo esteso sulle nuove e vecchie povertà – ci spiega Gigi Borgiani, presidente uscente della Fondazione – Perchè se ci si concentra solo sul fenomeno migratorio si perde di vista la totalità».

E tuttavia, nonostante la lunga storia di solidarietà e impegno, e nonostante la Chiesa ‘profetica’ e in sinergia, questo non è un periodo tra i migliori per Genova.

Forse per via di una certa “stanchezza” legata al volontariato, come fosse l’onda lunga di quella ferita subita dai movimenti sociali, nel 2001 durante il G8.

«Anche la capacità profetica della Chiesa in questi ultimi anni fa più fatica ad esprimersi», ammette con noi in questa intervista collettiva Mirco Mazzoli, giornalista e comunicatore dell’Auxilium.

«Abbiamo vissuto stagioni in cui nell’Auxilium e nella Caritas si era legati a figure carismatiche che gettavano semi di conflittualità feconda: penso a don Piero Tubino che con monsignor Nervo e Pasini facevano parte di quel gruppo di sacerdoti profetici e noi siamo figli di quella stagione», prosegue Mirco.

Gigi Borgiani parla anche di «afasia ecclesiale», data dal voler mantenere tutto in una sfera spiritual-religiosa che non mette i piedi per terra.

 «Papa Francesco parla di uscita, ma come posso pensare che ci sia un passaggio tra il terreno e la trascendenza, se non con l’azione?», si chiede ancora Borgiani.

«O si fa una rivoluzione che parte da noi e dal basso o si rischia di finire sui massimi sistemi e allora crolla tutto.

Una Chiesa che si interroga solo sui ruoli è una chiesa che ha poco da dire».

Nonostante la scarsa cassa di risonanza, a Genova da alcuni mesi sta accadendo anche qualcosa di notevole:

le navi-Ong, come la Geo Barents di Medici senza Frontiere, portano in salvo potenziali vittime di tratta e di traffici di esseri umani che se intercettate in tempo possono sfuggire ai loro carnefici.

Il compito della Fondazione Auxilium, di Caritas e delle cooperative sociali come Il Melograno, è anche questo: collaborare con chi, fin dall’arrivo in banchina, intercetta situazioni di potenziale pericolo.

«Il collegamento tra la fondazione Auxilium e le navi Ong, fin dallo screening in banchina è fondamentale», ci spiega Chiara Musso, responsabile del progetto Tratta per il Melograno ed Auxilium.

«Quando arrivano sulle navi, fortunatamente seguendo una rotta protetta, le persone salvate dal mare vengono seguite da medici e psicologi, e molte volte si capisce per tempo quali rischi corrano».

Una volta scese dalle navi alcune di queste donne vengono segnalate a Chiara che le prende in carico. Un lavoro prezioso e tempestivo che può fare la differenza.

«Il progetto Tratta è regionale e noi come fondazione Auxilium siamo capofila del gruppo di privati che fanno rete.

È nato nei primi anni 2000 per far luce sulla emersione e l’identificazione», spiega.

In questo modo si sventano traffici, si proteggono le donne, soprattutto nigeriane, nelle residenze protette, salvando la vita a chi altrimenti finirebbe sulla strada nel giro della prostituzione.

 «Qualche volta arrivano spontaneamente da noi, altre vengono intercettate tramite le unità di strada che operano in tutta la Liguria», precisa lei.

«Abbiamo una disponibilità di 65 posti, compresi gli uomini singoli; c’è un appartamento per donne e due alloggi per nuclei famigliari», spiega ancora Chiara.

Ma Genova vive anche di approdi importanti che restano ancora defilati e non fanno notizia. La Geo Barents, la nave-Ong di Medici senza Frontiere il 7 marzo scorso ha fatto sbarcare al porto di Genova 261 migranti superstiti salvati da due diversi imbarcazioni.

Il 5 febbraio scorso invece, dopo diversi giorni di mare a bordo della nave-ospedale Vulcano, una famiglia di Gaza era arrivata a Genova ed era stata accolta nel Seminario Arcivescovile.

Ancora prima, il 29 gennaio, a Calata Doria, la Geo Barnets aveva portato sulla terraferma un gruppo di profughi tra cui diversi palestinesi usciti vivi da Gaza ed approdati a Livorno, grazie ai corridoi umanitari.

Adesso anche loro sono ospiti del Seminario Arcivescovile di Genova: in mancanza di candidati al sacerdozio, la casa dalle tante stanze apre le porte ai migranti.

«Abbiamo accolto le famiglie afghane, le ucraine e oggi quelle di Gaza, senza dimenticare le persone senza fissa dimora per l’emergenza freddo», racconta il vice-direttore del seminario, don Tommaso Danovaro.

Un papà, una zia, quattro fratellini di Gaza sono insieme e in salvo nel seminario; un quinto fratello è stato ricoverato all’Ospedale Gaslini ed è lì in compagnia della mamma. La Caritas si occupa di loro.

 

(Una diversa e più estesa versione di questo articolo è in uscita sul numero di aprile di Popoli e Missione)