L'avvertimento di un fidei donum da anni nell'isola africana oggetto di un recente colpo di Stato militare

Madagascar, “attenzione a che non sia scippata la sovranità al popolo”

Facebooktwitterlinkedinmail

«È verissimo che povertà e corruzione in Madagascar non sono più sostenibili, e che i giovani sono stanchi.

Ma io mi chiedo se non ci sia stata anche una manipolazione degli eventi da parte dei militari».

A parlare con noi è don Francesco Meloni, fidei donum di Sassari da 12 anni in Madagascar.

Questa isola africana oggetto di un recente Colpo di Stato militare, originato da una genuina rivolta popolare della GenZ, «è un Paese realmente impoverito, dove su 30 milioni di persone la metà vive con uno o due euro al giorno», dice.

I villaggi dell’entroterra sopravvivono a fatica:

«non c’è elettricità e non abbiamo luce nelle case, se non a fasi alterne.

La sanità pubblica è inesistente e chi si ammala, in ospedale deve pagarsi da solo medicine e bende».

Ma c’è soprattutto un “cancro” all’origine delle diseguaglianze: la corruzione endemica.

«Qualcosa di profondamente radicato che non ci consente più di vivere in pace», spiega il fidei donum.

Basti pensare che i ragazzi che si iscrivono all’università oltre alla retta e alle tasse «devono pagare soldi sotto banco, cifre che raggiungono anche il corrispondente di 5 o 6 stipendi medi, altrimenti non entrano», ci racconta.

«Non ci si muove senza pagare mazzette». I giovani sono sinceramente esausti di queste pratiche.

Tuttavia don Francesco mette in guardia: «quello che non quadra degli eventi recenti che hanno portato alla fuga del presidente, è il fatto che i ragazzi che si sono ribellati sono stati incentivati dall’esterno a farlo.

Dopo ogni manifestazione di ottobre sono stati pagati con una piccola somma, una “saponetta” si dice qui da noi, e questo me lo hanno raccontato loro.

Mi sorge allora il dubbio che siano stati usati».

Nei giorni scorsi è stato formato il nuovo governo di transizione del Madagascar, annunciato dal colonnello Michaël Randrianirina, presidente ad interim del Paese.

Dopo la fuga di Andry Rajoelina, a seguito delle proteste di piazza, il Paese dell’Africa australe è in mano all’esercito e il nuovo esecutivo, composto da 29 ministri, si è dato il compito di traghettare il Madagascar fuori dall’impasse.

Nel prossimo futuro, sarà necessario continuare a tenere d’occhio l’intero processo e la transizione militare che si dovrebbe concludere con elezioni democratiche.

Monitorare le manovre dei militari in modo che non sia “scippata” la sovranità al popolo, e non lasciare da sola la GenZ, è dovere della Comunità internazionale.