Poco prima di prendere parola nella sala conferenze dell’ateneo salesiano, difronte a centinaia di persone, Bosco Juwa, della comunità Shuar, 50 anni d’età, nato a Tuutin Entsa in Ecuador, è visibilmente emozionato.
Quando inizia a parlare però e a ricordare il miracolo ricevuto da suor Maria Troncatti, è un fiume in piena.
La sua lingua lentamente si scioglie e dopo aver letto un testo scritto prosegue a braccio, nel finale.
E’ lui il protagonista delle giornate culminate domenica 19 ottobre in San Pietro con la canonizzazione della ‘Madrecita buona’, suor Maria Troncatti (nata nel 1883 e morta il 25 agosto 1969 per un incidente aereo), che è santa assieme altri sei nuovi volti di santi.
E’ infatti lui il protagonista di quel miracolo operato nel 2015 e che ha condotto alla causa di beatificazione la suora Figlia di Maria Ausiliatrice.
Bosco, sposato con Natalina e padre di sei figli, sa bene che è stata la sua testimonianza per l’intero processo, ad aver fatto la differenza: suor Maria Troncatti sarà santa per la Chiesa perchè ha compiuto, oltre alle tante opere in vita, il miracolo di risanare completamente quest’uomo gravemente ferito alla testa e in fin di vita.
«Avevo tutta la parte sinistra paralizzata, vedevo tutto rosso come il fuoco», racconta Bosco.
«Suor Maria non mi è apparsa in sogno- dice – è venuta di persona quando ero sveglio e mi ha chiesto: ‘che ti è successo?”». 
Ci ha messo molti anni la Congregazione delle cause dei santi per accertare la validità di questo miracolo risalente al 2015 e verificatosi nella provincia di Morona Santiago, in Ecuador.
Bosco fu sottoposto a un lungo intervento chirurgico e mentre era in coma il cognato posò sul suo petto un’immagine di Maria Troncatti, cominciando a invocarla insieme alle missionarie salesiane che erano lì a proseguire la sua missione.
Tuto il racconto è emozionante e al termine viene accolto con un grande e lungo applauso.
Suor Maria in realtà ha una storia di vita che è un miracolo in sè, anche oltre quello che poi lei ha donato:
«Dopo qualche tempo di “acclimatazione” a Chunchi, una cittadina arrampicata sul dorso della cordigliera in Ecuador, e abitata in prevalenza da indigeni il vescovo missionario Domenico Comin arrivò e disse: “È ora di partire”», così si legge nel racconto della incredibile vita di questa donna, scritto per il sito del bollettino salesiano.
«Prese avvio la grande spedizione che doveva varcare l’altissima cordigliera andina e poi scendere nella foresta, fino alla terra degli indios Shuar.
Padre Albino Del Curto, che avrebbe guidato la spedizione, aveva percorso per primo quella zona inesplorata, e insieme ad alcuni operai aveva tracciato un sentiero e costruito alcune baracche che sarebbero state il loro rifugio durante il viaggio».
E’ con lui che suor Maria arriverà tra gli indigeni Shuar.
Questa è una storia emozionante dall’inizio alla fine, e la missionaria, oggi santa anche per tutti i fedeli e per chi non ha mai conosciuto la sua vicenda, continua a fare miracoli. 

