Tra le centinaia di immagini, simboli, volti, mutilazioni, sudari che ogni giorno allungano la lista degli orrori di Gaza, è difficile sceglierne uno per raccontare un pezzetto del genocidio in corso.
La recente uccisione del dottor Marwan Sultan, direttore dell‘Indonesian hospital di Gaza, è però una delle più significative.
Pesa davvero tanto (non più di altre morti atroci in realtà) ma abbastanza per scegliere di partire da qui.
Ovviamente pesano come macigni i mille volte dei bambini spaventati, mutilati, infreddoliti, annientati.
Anche per questo la morte del dottor Sultan è doppiamente raccapricciante: la popolazione di Gaza ha un bisogno estremo di cure, di medici, di soccorritori, di aiuto. Di ricucitori, di pietà sanitaria.
Colpire miratamente la categoria dei medici, e non un medico qualsiasi ma la colonna portante di un ospedale chiave come l‘Indonesian peraltro già bombardato, è parte della strategia criminale di Israele per accelerare la soluzione finale.
Target mirati sono sempre di più gli uomini e le donne della Sanità, del soccorso negli ospedali, quelli che rimettono assieme i pezzi dei bambini mutilati.
Target privilegiati sono anche i testimoni: giornalisti, fotografi e video-maker che tutto questo lo raccontano fin dall’inizio e infatti continuano a morire (il numero è salito a oltre 235).
E si procede in modo ‘chirurgico’. Non per evitare di fare strage attorno, ma per essere certi di colpire l’obiettivo con tutta la sua famiglia.
Lubna, la figlia del dottor Sultan ha raccontato che «il missile F-16 ha puntato esattamente sulla sua stanza da letto, precisamente dove era lui, proprio su di lui».
Questa scientificità della mira, l’esattezza del drone che mira ai singoli – e non chiaramente ai vertici di Hamas o della resistenza armata, ma ai vertici del servizio sanitario privato e pubblico e dei mass media – è un ulteriore upgrade della guerra genocidiaria.
Tutte le altre stanze della casa del dottor Marwan «sono rimaste intatte eccetto la sua, che è stata colpita dal missile. Mio padre è stato martirizzato lì dentro».
La propaganda militare dell’Idf ha chiaramente subito detto di aver colpito «un terrorista chiave».
Lubna parlando con l’AP ha spiegato quello che è a tutti noto ma che andava precisato: il dottor Sultan «non era affiliato a nessun movimento o a niente di simile, lui semplicemente aveva a cuore la vita dei suoi pazienti».
Nel giro di pochi giorni gli attacchi costanti e ravvicinati dell’Idf hanno anche la caratteristica di puntare su obiettivi civili frequentati di giorno dai giovani, dai blogger, dai comunicatori, dalle persone comuni.
Il massacro all’Al-Baqa cafeteria (dove sono morte una quarantina di persone) il caffè del porto dove si andava per scrivere, per incontrarsi, dove i giornalisti e i fotografi ricaricavano i loro device, è uno di questi luoghi.
Anch”esso rappresenta l’upgrade della guerra che imita con precisione le azioni terroristiche dei gruppi armati.
139 persone sono state ammazzate negli ultimi due giorni, fino a mercoledì.
Nell’area di al-Mawasi a Khan Younis, almeno cinque persone sono state uccise ed altre ferite in un attacco che ha colpito una tenda di rifugiati.
Mentre sembra avvicinarsi il giorno dell’ennesima tregua (un cessate-il-fuoco di 60 giorni), l’aviazione militare israeliana cerca di far fuori più palestinesi possibile.
Le Nazioni Unite affermano che oramai l’85% di Gaza è chiusa dentro zone militarizzate da Israele e gli ordini di evacuazione continui impediscono l’accesso ai servizi di base e agli scarsissimi aiuti umanitari.
Questi ordini spingono la gente ad ammassarsi in spazi sempre più ristretti, come animali braccati.
I servizi idrici sono praticamente al collasso, l’acqua potabile sta finendo, accedere al cibo è diventata una scommessa, una roulette russa che trasforma in bersagli mobili.
Ci sono poi le morti per ustioni totali dentro le case che bruciano. I corpi dei bimbi ridotti a tizzoni.
Tra le bombe che piovono dal cielo, la fame, la sete, il continuo fuggire da un punto non sicuro ad un altro, altrettanto insicuro, le vite dei palestinesi di Gaza sono più che infernali.
Non si può aspettare oltre. E non ci si può neanche assuefare all’orrore.

