Morire di parto in Afghanistan, invisibili sotto il niquab

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Invisibili sotto il niquab ma non dimenticate. L’affronto alla dignità delle donne afghane perpetrato dai talebani tornati al potere sta riportando indietro le lancette della storia, è sotto gli occhi del mondo.

Amina Mohamed, vice segretario generale delle Nazioni Unite ha sostenuto i diritti della popolazione femminile di un Paese costretto a fare i conti con le regole di una tradizione a tratti paradossale e vessatoria.

Di fatto è inaccettabile che le ragazze non possano frequentare la scuola disattendendo il diritto all’istruzione.

Questo il tema al centro di una sessione speciale che si è tenuta a New York nel settembre scorso, animata dalle voci di alcune attiviste per i diritti umani come Yalda Royan che ha sottolineato come «Diciotto milioni di afgani hanno bisogno di assistenza umanitaria, e la maggior parte sono donne e bambini.

Il Paese sta affrontando anche un possibile collasso del proprio sistema sanitario, dopo la fine del sostegno internazionale».

La dottoressa Natalia Kanem direttrice dello United Nations for Population Fund (Unfpa) ha sottolineato la gravità della situazione in cui «ogni due ore una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza».

Negli ultimi mesi l’Unfpa ha continuato le sue attività in ambito sanitario in favore dell’ assistenza al parto, dell’attività di centri di servizio, con fondi forniti dall’Onu.

«Le donne afghane non devono mai essere abbandonate – ha detto ancora la dottoressa Kanem -. Né le credenze religiose né le opinioni politiche dovrebbero essere utilizzate per giustificare la limitazione della partecipazione delle donne in tutti gli aspetti della società».