Sono oltre 12mila i cittadini di origine srilankese a Napoli, e per il 70% vivono tra il Rione Sanità e l'Avvocata.

Il Rione Sanità e lo Sri Lanka: seconde generazioni e nuova vita a Napoli

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Sono oltre 12mila i cittadini originari dello Sri Lanka a Napoli, secondi per numero solo agli ucraini. In quattromila vivono nel Rione Sanità, considerato modello di rinascita. Una fusione è avvenuta nella città partenopea: i nuovi cittadini sono sia italiani che srilankesi, e l’associazione “Sritaly” li rappresenta appieno.

Aisha e suo marito hanno aperto un ristorantino di cucina asiatica appena un mese fa all’ingresso del Rione: si chiama Black Sakura.

Aisha mi mostra per prima cosa il forno a legna e si scusa perché ancora non possono farci la pizza.

 

«Per ora puoi mangiare il riso con la carne e le verdure, sono i nostri piatti tipici», dice.

Dal mese prossimo forse arriverà anche il cuoco napoletano.

«Noi ci siamo trasferiti qui 15 anni fa da Chilaw, bellissima città sull’Oceano Indiano», dice. «Io sono devota a padre Pio, vado spesso in pellegrinaggio a Pietrelcina».

La comunità “napoletana” dello Sri Lanka in effetti è cattolica al 90% e la fede è incrollabile: «c’è una devozione molto forte verso la Vergine, San Sebastiano, San Giuseppe Moscati e San Giuseppe – mi conferma don Enrico – Custodiscono una fede che noi abbiamo perso.

Perché la religiosità napoletana ha subito un cambio di rotta».

E così è più facile vedere loro a pregare presso le decine di edicole sacre disseminate in città. Le famiglie numerose il giorno della festa si presentano in massa alla messa di Santa Maria dei Vergini che ospita la comunità più grande di Napoli, dopo quella del Gesù Nuovo.

«Qui accogliamo tremila fedeli di origine srilankese!», dice il parroco con un certo orgoglio.

«Il culmine di tutto è visibile il giorno del venerdì Santo quando facciamo una grandissima processione bilingue.

Il cappellano srilankese guida i fedeli, lui vive con me in canonica».

Nel solo quartiere Stella, compreso nell’esteso Rione Sanità, la popolazione Srilankese residente supera le quattromila persone. In centro storico sono circa tremila.

Sono più di 12mila i cittadini srilankesi di Napoli, e per il 70% vivono tra il quartiere Stella nel Rione Sanità, e l’Avvocata. Secondi per numero solo agli ucraini (30mila a Napoli).

Gli asiatici, cristiani, gran lavoratori, ben integrati, abitano laddove neanche i napoletani Doc vogliono (o possono) stare.

Ma quando è successo che il Rione-ghetto cambiasse volto, fondendo assieme napoletanità verace e cultura asiatica cristiana?

Ma è davvero un “miracolo” la Sanità?

Il rione Sanità, raccontato come impresentabile condensato di vite ai margini, da alcuni anni non è più tale.

Anzi, conferma pure il parroco: «è avvenuto un miracolo».

Che i media hanno ben raccontato. La zona di ingresso al Rione, «quella dei Vergini e delle Fontanelle ha vissuto un exploit: non è più permeata di paura e criminalità», dice don Enrico.

E il merito va alla Chiesa cattolica locale e a don Antonio Loffredo.

Grazie alla riapertura delle Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso; alla (oramai celebre) Cooperativa La Paranza; alla trasformazione totale delle ricchezze culturali in oro, al museo Jago e a tanto altro, il Rione ha fatto il salto.

La Rete Sanità, la cui origine si fa risalire al comboniano padre Alex Zanotelli, nel 2004 ha portato il suo enorme contributo.

L’identità della Rete è legata alle battaglie per i servizi pubblici, l’acqua pubblica, la mobilità, la scuola.

Per capire meglio il “miracolo”, ma anche per avere ragguagli sul “fenomeno” Sri Lanka, vado a trovare Luigi Salerno, responsabile dell’associazione Traparentesi che per molti anni ha operato alla Sanità e oggi si occupa soprattutto di integrazione degli ultimi arrivati sul territorio e nella scuola pubblica.

«Il famoso “modello Sanità” contiene in realtà una retorica potente – svela Luigi – Si è passati dal descriverlo come “abominio” al considerarlo un quartiere di punta.

Ma in assoluto, non è vera nessuna delle due versioni».

E poi mi spiega ancora meglio: «la narrazione della Sanità come rinascita dal nulla non può accettare la persistenza della bruttezza e della difficoltà.

Perché altrimenti si entrerebbe in conflitto con questo nuovo potente immaginario».

Capisco quel che intende, quando, poco oltre i murales colorati e gli splendidi ingressi delle catacombe “rinate”, mi inoltro nel Rione bello ma ancora in difficoltà.

Di una povertà allegra e mai grigia. Fatta di tanti aspetti non risolti. «Quindici anni fa non lo potevi neanche attraversare il Rione Sanità…

Oggi ci sono decine di B&b e i turisti vengono apposta per le Catacombe.

Però la retorica della bellezza fatica ad accogliere la bruttezza che invece resta», spiega.

«Sulla carenza dei diritti c’è ancora tanto da fare, nonostante le Cooperative. Perché c’è carenza di servizi.

Disagio abitativo, assenza di diritti di cittadinanza e scarso accesso ai servizi socio-sanitari», dice ancora.

E poi c’è l’altra bellezza, quella genuina, quella che non c’entra niente col turismo della domenica, e con l’ostentazione dell’industria del cibo, della pasticceria Poppella; quella che non c’entra con le statuine di Totò posizionate all’ingresso dei locali, con i cartocci dei fritti per turisti.

Con il proliferare di b&b in ogni dove.

I vicoli della Sanità nel pomeriggio pullulano di bambini e di intere famiglie che abitano il quartiere senza più distinzione tra napoletani veraci, srilankesi o ucraini.

Sono i nuovi cittadini, gli adolescenti e le adolescenti con i loro fidanzati, i ragazzi e le ragazze che frequentano l’università e anche la parrocchia.

Moltissimi sono nati nel Rione, altri no.

Alcuni vivono qui da generazioni, altri sono appena arrivati. E la loro integrazione appare quasi perfetta.

Sritaly è l’associazione di ragazzi che hanno due identità: i napoletani doc e i figli di Srilankesi nati a Napoli.

 

In questi mesi si stanno spendendo per far conoscere il quesito referendario per l’estensione della cittadinanza ai ‘nuovi italiani’, in agenda il prossimo 8-9 giugno. Un referendum che se passasse sarebbe un atto di civiltà.

Ivan Fernando è nato a Napoli ma i genitori sono srilankesi: lui è presidente dell’associazione Sritaly e Mishel Fernando Christeguge, presidente dell’Anolf (Associazione Nazionale Oltre le Frontiere) è colui che ha ideato Sritaly.

«La nostra mission è l’integrazione delle seconde generazioni a Napoli e abbiamo sede nella chiesa dei Vergini al rione Sanità», mi spiega Ivan.

 

La doppia identità, la doppia lingua e la doppia cultura rendono più ricchi gli italiani di seconda generazione. E questo i ragazzi di Napoli lo sanno molto bene: è ciò che rende grande la città partenopea.

Qui sotto l’intervista video ad Ivan Fernando.

Intervista al presidente di Sritaly.