Migrantes, RIM 2025: “basta cervelli in fuga, sono talenti in movimento!”

"Per chi emigra il Patto interno è stato spesso tradito". La Fondazione Migrantes presenta il Rapporto che racconta le migrazioni italiane all'estero

Facebooktwitterlinkedinmail

Continuare a parlare di “cervelli in fuga”, con riferimento ai giovani che partono per studiare o lavorare all’estero, «non è dignitoso».

Bisogna «andare oltre questa espressione». 

Tenuto conto, peraltro, che «non partono solo ricercatori e laureati, ma anche i diplomati» e chi va a perfezionare la sua formazione.

A ribadirlo, nel presentare il nuovo Rapporto Italiani nel Mondo 2025 della Fondazione Migrantes (che compie 20 anni) è Delfina Licata, coordinatrice delle ricerche e caporedattrice del volume.

La migrazione italiana verso l’Australia, ad esempio, «non è principalmente una fuga di cervelli», si legge nel testo, così come non lo è, a sorpresa, la nuova emigrazione italiana in Belgio.

Con Licata a moderare il panel, ne hanno parlato stamani nella Sala San Pio X della Santa Sede, monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes; i giornalisti Paolo Pagliaro, direttore di Nove Colonne e Paolo Lambruschi di Avvenire, la giornalista Manuela Perrone del Sole 24 Ore, e infine il presidente della Fondazione monsignor Gian Carlo Perego.

La motivazione che spinge a lasciare l’Italia è sempre più spesso legata alla necessità.

«Negli anni la mobilità si è fatta più circolare e complessa e la spinta ad andare è legata a fragilità strutturali dell’Italia» e ad «un sistema bloccato», dicono i relatori.

«L’emigrazione italiana in Belgio ad esempio – si legge nel report Migrantes – continua ad essere narrata, a tratti, nei termini di una ‘nuova generazione europea’ cosmopolita, dinamica, integrata».

In realtà le cose sono più complesse e meno “felici”, poichè l’Italia non traina e non aiuta.

 

Stando invece ai numeri contenuti nelle quasi 600 pagine del RIM, si segnala il dato rilevante del saldo negativo tra chi entra e chi esce.

Sono più coloro che se ne vanno e restano fuori dall’Italia, di quelli che rientrano: 1,6 milioni di espatri a fronte di 826mila rimpatri in 20 anni, con un saldo negativo di oltre 817mila cittadini italiani, concentrato tra Lombardia, Nordest e Mezzogiorno.

Su 100 cittadini italiani, ben 12 vivono all’estero e l’età di chi parte si è abbassata notevolmente:

«c’è anche un’Italia dalla quale si parte per necessità, perchè il sistema è bloccato», ha fatto notare il giornalista Paolo Pagliaro, direttore di Nove Colonne.

«Da dieci anni a questa parte la differenza numerica tra immigrati ed emigranti diventa sempre minore – ha fatto notare Perego – anzi, in alcuni anni è stato anche superiore il numero di chi è espatriato rispetto a quello di chi è entrato in Italia».

Un dato preoccupante, a suo avviso, perché racconta della scarsa attrazione del nostro Paese «a fronte di un problema demografico sempre più grave e della necessità di manodopera professionale».

In altre parole, l’Italia non è attraente per chi arriva da fuori e da lontano, e non lo è così tanto neanche per chi nasce, cresce e studi nel proprio Paese.

Una delle conclusioni cui giunge il RIM è che a rimanere in Italia non sono i meno “dotati”, ma chi fa scelte di vita diverse e chi può permettersi di restare.

«Il grande bluff – si legge nel volume – non è tra cervelli e braccia, ma il bluff sta nel non riconoscere che tutti sono talenti».

Lo speciale del Rapporto 2025 “Oltre la fuga: talenti, cervelli o braccia?” – 22 saggi che abbracciano i cinque Continenti – invita a superare la visione riduttiva e quasi tragica dell’espatrio e della mobilità come mera “perdita, strappo, trauma”.