Il nord-est della Nigeria è di nuovo pesantemente sotto attacco: la serie di rapimenti di massa ravvicinati nel tempo, ha come obiettivo prioritario studenti e studentesse delle scuole medie superiori; sacerdoti e fedeli delle Chiese cristiane evangeliche di diversa denominazione; credenti e preti cattolici, giovani spose e ragazze.
Ma anche la zona centrale è oramai diventata un target, come raccontano le cronache locali. Le ultime azioni violente risalgono a domenica scorsa: due gli attacchi, uno dei quali nello Stato di Kogi, nella zona centro-meridionale.
Qui nelle mani dei terroristi è finita la sede di una Chiesa evangelica di nuova creazione, la Cherubim and Seraphim Church.
Uomini armati hanno fatto irruzione nei locali della parrocchia e hanno rapito il pastore, sua moglie e diversi fedeli. Kingsley Fanwo, responsabile per l’accesso alle informazioni di Kogi ipotizza che gli assalitori si siano nascosti all’interno della comunità stessa e abbiano atteso alcuni giorni in foresta.
Il giornale nigeriano The Cable riporta in dettaglio le parole di Fanwo: “quando vedete qualcosa di insolito ditelo. Evitate di andare nelle chiese o nelle moschee che non siano sicure. Evitate assolutamente viaggi non strettamente necessari”. Ma ci sono luoghi sicuri nella Nigeria guidata da Bola Tinubu?
“In realtà sono due Paesi in uno”, ci spiega don Oliver, sacerdote nigeriano originario del Sud del Paese, oggi in Italia.
“Tra l’una e l’altra Nigeria tutto cambia”, dice.
Il Sud cristiano è quasi del tutto al sicuro, il Nord a maggioranza islamica è un carnaio.
Cristiani e musulmani sono suddivisi in percentuali pressochè identiche, una al nord e l’altra al sud.
“Quella dove si uccide di più è la zona meridionale di Kaduna; ma io sarei molto attento a non chiamarla guerra – dice – perché non è una guerra tra due fronti: è una aggressione unilaterale e i cristiani sono le vittime inermi”.
Il sacerdote racconta: “ci uccidono di notte mentre dormiamo, ci rapiscono mentre preghiamo”.
Capire quanti e quali siano gli aggressori e perché lo facciano, è questione complessa: lui, don Oliver, vede essenzialmente un carnefice: i pastori Fulani.
Ma il panorama è molto esteso.
Alla violenza di Boko Haram e suoi affiliati nel nord-est, si sovrappone quella del recente gruppo Lakurawa al nord e dei pastori Fulani. Si va dalle gang criminali armate che attaccano i musulmani stessi, ai gruppi islamisti del nord est con infiltrazioni jihadiste provenienti dal Sahel.
Dispute violente per il possesso della terra nelle regioni centrali (dove si muovono indisturbati i pastori Fulani di religione islamica) e movimenti separatisti nel sud-est del Paese.
La gente se può scappa, altrimenti si affida a Dio. In un raid armato la sera di sabato scorso, a nord dello Stato di Sokoto, sono state rapite una sposa e tutte le sue damigelle, a riferirlo è stavolta l’agenzia Afp.
Il villaggio di Chacho era stato preso di mira già ad ottobre scorso: “avevamo dovuto pagare un riscatto per 13 persone – racconta ad Al Jazeera un residente – adesso ci ritroviamo nella stessa situazione”.
Scuole e luoghi di culto sono tra i target preferiti dei banditi e dei terroristi islamisti. “Costanti conflitti etnici, politici e religiosi per la terra e per modificare il sistema di alleanze” alterano la vita dei nigeriani.
Queste le parole del vescovo Wilfred Chikpa Anagbe della diocesi di Makurdi, nello Stato di Benue, nel sud-est.
Il dibattito è comunque molto polarizzato: l’ipotesi di vero e proprio “genocidio dei cristiani” si contrappone all’idea che la Nigeria sia ostaggio di predatori e gang armate interessate alle risorse minerarie e al potere, a prescindere dall’identità religiosa delle vittime.
“Il mio parere è che tutta questa ondata di violenza nel Nord, che è islamico, sia il frutto delle politiche di islamizzazione del Paese dovute al precedente presidente, Muhammadu Buhari, rimasto al potere per otto anni, fino al 2023”, ci spiega don Oliver.
“Durante il suo mandato Buhari ha cercato in ogni modo di islamizzare la Nigeria, anzitutto creando un sistema di insediamenti permanenti per i pastori Fulani, tradizionalmente nomadi.
Il sistema è chiamato Ruga per indicare il pascolo diffuso su tutto il territorio”.
Secondo il sacerdote la Ruga avrebbe favorito la “penetrazione dei Fulani anche negli Stati dove prima non erano presenti, con l’obiettivo esplicito di attaccare più facilmente le comunità cristiane”.
Obiora Francis Ike, professore di etica alla Godfrey Okoye University in un suo intervento ha parlato di “industria dei rapimenti” e secondo questa analisi i cristiani sono pesantemente sotto attacco.

