Le Rapid Support Forces, esercito paramilitare sudanese guidato dal generale Mohamed Dagalo, continua ad insanguinare il Sudan, facendo morti e feriti tra i civili.
Nel mirino in questi ultimi mesi c’è soprattutto Omdurman, città contesa, gemella di Khartoum, pochi chilometri a sud della capitale.
In un messaggio che ci giunge dalle missionarie Figlie di Maria Ausiliatrice evacuate dal Paese già da tempo, ma costantemente in contatto con i locali, apprendiamo che il 27 aprile i paramilitari hanno compiuto «l’ennesimo orribile crimine contro 30 civili, inclusi bambini, dopo averli fatti uscire con la forza dalle loro case nell’area di Al-Salha ad Omdurman».
La notizia dell’eccidio ad opera dei paramilitari – da aprile 2023 in guerra contro l’esercito regolare guidato dal generale Al-Burhan- è stata confermata da varie fonti e da un network di medici sudanesi tramite Al Jazeera.
Ci sono dei minorenni tra le vittime di quello che i medici definiscono «il più grande e documentato eccidio di massa avvenuto nella regione».
I video che circolano sui canali social e nelle chat private e che abbiamo avuto modo di visionare, mostrano scene raccapriccianti: ragazzi all’apparenza molto giovani, stesi in terra privi di vita e adagiati uno sull’altro con degli pneumatici addosso, come a voler dare una sorta di copertura.
Le persone trucidate sono tra coloro che i paramilitari avevano accusato di «affiliazione» o in qualche modo di legami con le Forze armate sudanesi, denunciano i medici.
Accuse assolutamente insensate, poichè il diritto internazionale in contesti di guerra vieta sempre e comunque la ritorsione sui civili, a qualsiasi fazione essi appartengano.
Notizie come questa, ribadiscono le missionarie «purtroppo ricevono scarsa attenzione da parte dei media e delle organizzazioni legali in Europa.
Ma la loro sofferenza non deve passare sotto silenzio».
Il particolare accanimento delle Rapid Support Forces sui civili, laddove le aree in questione sono ancora contese come Omdurman, oppure sono tornate sotto il controllo dei militari, è riferita da moltissime fonti.
Il primo febbraio scorso l’artiglieria pesante delle RSF ha colpito un mercato ad Omdurman, uccidendo almeno 56 persone.
Mentre il 13 aprile scorso le Rapid Support Forces hanno attaccato anche il campo per sfollati del Darfur, dopo tre giorni di «assalti brutali» sul nord della regione che fin dall’inizio è stata tra le più colpite dalla guerra.
La città di Al Fasher in Darfur è tra i target privilegiati delle RSF.
Moltissimi civili acclamano come liberatori i militari dell’esercito regolare che avanza verso la capitale per rovesciare l’esercito rivale, ma sono stati segnalati dagli attivisti anche molti episodi di violenza da parte dell’esercito stesso.
Questa guerra fratricida tra militari rivali, che sfugge ad ogni classificazione e non può essere definita civile, poichè sta massacrando senza criterio e non ha civili tra le fazioni in lotta, insanguina il Sudan dal 15 aprile 2023.
Finora ha ucciso 30mila persone e ha provocato 12 milioni di sfollati interni e 3,7milioni di rifugiati, fuggiti soprattutto in Ciad, Egitto e Sud Sudan.