Ce ne parla don Lorenzo Barro

Dal ciclone ‘Chido’ al caos politico: il Mozambico, “bomba ad orologeria”

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«Sì il ciclone è arrivato anche qui da noi a Chipene e ha fatto molti danni.

Siamo nella provincia di confine con Cabo Delgado, verso il nord, ed è inutile dire che le preoccupazioni e le calamità da queste parti sono moltissime.

La cosa più incredibile, però, e che ogni volta la reazione della gente è immediata: subito dopo il passaggio di questo uragano le comunità si sono rimboccate le maniche per ricostruire tutto quello che è possibile».

A parlarci dal Mozambico di nuovo al collasso è don Lorenzo Barro, fidei donum della diocesi di Pordenone, da anni in missione in una provincia del Paese al centro di diverse crisi sovrapposte.

«In questo momento storico il Mozambico è una bomba ad orologeria», ci spiega subito il sacerdote, partendo dall’analisi sociale e politica.

«Sta affrontando la crisi post-elettorale e il deficit di democrazia dopo le elezioni finite con la dipartita del candidato di opposizione.

Adesso è arrivata pure la devastazione del ciclone Chido che è l’ultima in ordine di tempo, ma forse la meno grave; e infine la cosa più preoccupante è la presenza costante dei jihadisti di Cabo Delgado che non se ne sono affatto andati via!».

Secondo don Lorenzo nei momenti di grande confusione come questo (con un processo elettorale viziato da corruzione e violenze e un popolo arrabbiato che scende in piazza in un clima da guerra civile) la minaccia jihadista si riaffaccia pericolosamente.

«Sappiamo che a Cabo Delgado i gruppi armati si sono solo momentaneamente allontanati, ma il progetto del grande califfato al Nord non è concluso; così come non finisce la corsa ai territori ricchi di risorse. Qui abbiamo tutto: gas, rubini, oro, pietre preziose…

Di certo il rischio non è alle nostre spalle e le comunità locali sono sempre in tensione e in attesa che succeda qualcosa.

Non c’è tranquillità in questo Paese».

Il Mozambico vive da alcuni mesi un vuoto di potere ed un caos istituzionale:

«il clima sinceramente è quasi da guerra civile perchè i giovani, che rappresentano la gran parte della popolazione, sono stanchi e scontenti della vecchia classe dirigente al potere.

Dopo la delusione elettorale sono scesi in piazza moltissime volte nelle città, ma sono stati repressi».

Il Mozambico è tornato al centro delle cronache con l’emergenza sociale legata alla sicurezza dopo la tornata elettorale del 9 ottobre scorso.

Le accuse di brogli a carico del partito al potere, e le repressioni di polizia, hanno esasperato gli elettori e i sostenitori di Venancio Mondlane, il candidato di Podemos che è stato costretto a lasciare il Paese.

  «Uno scenario terribile: la Frelimo al potere non dialoga e non ha mai dialogato con le opposizioni; anzi, nel corso degli anni le ha eliminate», ci raccontava in quei giorni una fonte missionaria locale.

Poi, il 5 dicembre dall’Oceano Indiano l’ennesima calamità: «si é formato un sistema di bassa pressione evolutosi in ciclone tropicale e denominato “Chido” nei pressi delle province di Cabo Delgado, Nampula e Zambezia il 15 dicembre 2024», annunciavano i bollettini climatici.

Il passaggio dell’uragano è stato devastante e almeno 34 persone hanno perso la vita in queste province.

Il Mozambico si prepara a vivere una stagione di incertezza, povertà e violenza diffusa.